dittatura nè democrazia
“La democrazia
consiste nello scegliere i vostri dittatori, dopo che loro vi hanno detto quello che pensate di voler sentire”. Alan Coren
La storia, in merito alla giornata del 25 Aprile, ci riporta alla liberazione dal nazifascismo. Menzionando questa data non si può non ricordare la fine della guerra, della dittatura fascista in un clima pesantemente autoritario diffusosi blandamente un po’ in tutte le nazioni del globo. Non siamo qui a celebrare una vuota commemorazione, un anniversario che fa vendere cioccolatini, una ricorrenza che fa girare l’economia con l’ennesimo giorno dedicato al consumo.
Non è una sfilata che serve a mettere in mostra bandiere e gonfaloni alla ricerca di un voto. Non una parodia che, svendendo la propria dignità, ci priva del significato che un giorno come questo dovrebbe rappresentare.
Questa giornata non rappresenta una liberazione visto che, ora più che mai, non ci sentiamo vittoriosi, né tanto meno felici. Limitarsi a celebrare il 25 Aprile significa mentire a sé stessi, cullandosi su una liberazione che venne tradita a tempo di record, lo testimoniò l’immediato venir meno senza scrupolo agli ideali alla base della liberazione partigiana stessa.
Se questo giorno c’interessa ancora, è perché crediamo che all’alba di quel 25 aprile fossero in molti a non pensare esclusivamente di scacciare un padrone, ormai diventato intollerabile, ma si aspettavano un radicale cambiamento che avrebbe scosso le fondamenta di questa vecchia società e fatto tremare tutti gli sgherri che la sorreggono. Ma adesso che quasi tutti hanno relegato ogni istanza di cambiamento al mondo dei sogni e che, smaliziati, hanno appoggiato il pragmatismo del “menopeggio”, è un dovere prendere atto della sconfitta.
Quel nemico che i nostri padri e nonni credevano di aver definitivamente debellato è ancora qui tra noi, è ovunque, ci circonda, ci sovrasta. Ha solo indossato una nuova maschera senza venire meno ai suoi dogmi decisamente autoritari. Il sistema disumano del profitto e l’utopia della democrazia si sono rivelati un incubo senza risveglio. Oltre a permettere contiguità al fascismo ne ha riprodotto le aberranti forme in una miscela ancora più viscida e totalizzante. L’illusione della sovranità popolare ha riprodotto le leggi discriminatorie e razziali (es.reato d’immigrazione clandestina), i suoi osceni campi di concentramento nascosti sotto l’elegante veste di Centri d’Identificazione ed Espulsione (CIE). Lo squadrismo viene incoraggiato sotto il nome di ronda mentre il clima militaresco si diffonde fuori e dentro i confini dispiegando eserciti per le strade, giustificati da pretese di sicurezza e aiuto umanitario. Miseria epovertà aumentano mentre una classe dirigente abietta e senza scrupoli prospera nella più ipocrita e arrogante opulenza. Rispetto alla dittatura il sistema democratico in più ci ha donato la competizione e l’indifferenza per renderci tutti complici.
Proprio come nei momenti peggiori, il pericolo è talmente reale che la maggior parte non ne ha coscienza, osservarlo da tanto vicino impedisce di comprenderne forma ed estensioni.
Quel nemico non è una sola persona fisica ma un contesto, non un corpo ben definito ma un sentimento, non una classe o un partito ma un intero sistema di produzione e gestione del potere.
Come anarchici, disprezziamo senza remora i capisaldi dei regimi totalitari:il culto della personalità, noi che vogliamo l’autodeterminazione di ogni individuo; il nazionalismo e il razzismo che ne consegue, noi che vogliamo l’abbattimento di ogni confine; il militarismo e la repressione, noi che crediamo nella libertà; la difesa degli interessi economici da parte di chi detiene il potere politico e religioso, noi che pensiamo che tutto debba appartenere a tutti.
Se di celebrazione si deve dunque parlare, preferiamo ricordare tutti coloro che spontaneamente, come gli Anarchici e gli Arditi del Popolo tra il 1919 e il 1921, decidendo di non delegare a nessun altro se non a se stessi anticiparono l’esigenza di combattere contro il fascismo. Intuendo la natura violenta e antipopolare del movimento dei fasci, risposero alle armi con le armi mentre i partiti cosiddetti operai rimanevano fermi a guardare, quando i loro militanti venivano massacrati, dispersi e imprigionati.
« …Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del Popolo, case sacre ai
lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando
continueranno la guerra fratricida gli Arditi d’Italia non potranno con loro
aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide
fascisti e Arditi. » Argo Secondari
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