Un passo avanti

alcune considerazioni dopo la manifestazione del 14 dicembre a Roma

Si accende lo schermo, ma cambiare canale è inutile, a reti unificate va in onda il solito lavaggio del cervello. Una passerella d’idiozie che deve ricucire lo strappo tra la società reale e quella patinata vetrina che è il sintetico mondo della televisione, un mondo se non perfetto comunque facile da correggere, un mondo che non ha differenze se non sfumature, un mondo intero creato per venderci qualcosa: un prodotto, un’idea, un intero stile di vita se non addirittura una personalità. In tutto questo continuo brusio, dove toni alti si mescolano con toni bassi, si riesce a cogliere un mantra. “2000 infiltrati”, “violenti venuti dalla Grecia, Germania, Francia..”, “falsi manifestanti”, “professionisti della violenza”,  “provocatori al servizio di qualche potere deviato”, “la violenza fa il gioco del governo”, “poche centinaia d’idioti hanno nascosto i motivi reali della protesta ” ecc.ecc. È illuminante vedere come la stessa identica linea di pensiero unisca La Russa con Saviano, Augias con una qualsiasi soubrette, un qualsiasi calciatore con un qualsiasi giornalista; tutti uniti contro la violenza, tutti uniti a stigmatizzare quello che è successo, pronti a gareggiare e a togliersi la parola per riuscire più efficaci, per risultare i primi baluardi nella lotta contro l’incappucciato nemico. Deve essere proprio potente sto nemico per creare di fatto una così compatta unità nazionale.
Certo perché il nemico sembra essere la realtà, la realtà violentata, la realtà nascosta in soffitta, imbavagliata e soffocata, una realtà annegata a cui non riesce più di uscire la voce, una realtà che quando riesce ad emergere lo fa come può, disperata si dibatte e sgomita, tragicamente colpisce chi reputa suo nemico e lo fa con tutta la forza che ha, perché sa che solo così può salvarsi.


“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.”

G. Orwell

Vorrebbero innanzitutto darci a bere che la “sconvolgente” giornata di scontri a Roma sia un evento che esce fuori dal nulla, un evento che non ha precedenti recenti e non ha legami con gli altri avvenimenti del paese, probabilmente modificando così la realtà si spera che tutto torni nel nulla. Forse conviene rinfrescare loro la memoria.
All’ Aquila speculazioni, affari sporchi e negligenze hanno dato man forte al terremoto nel vessare una popolazione stremata dalle difficoltà, qui una testimonianza dell’incubo da cui tentano di uscire.

“La disoccupazione nel territorio aquilano, già molto elevata prima del terremoto, ora ha raggiunto livelli insopportabili per un tessuto sociale così profondamente diviso e sparpagliato tra un presente di tendopoli e alberghi-ghetto e un futuro di new town. […] I prodotti locali dell’agricoltura e dell’allevamento, inutilmente offerti alla Protezione Civile per il consumo nei campi, rimangono invenduti e devono essere distrutti. Sono le grosse catene di distribuzione e non i piccoli produttori indigeni a guadagnare dall’emergenza. Nelle tendopoli gli sfollati non hanno certo diritto di scelta e, mentre nelle stalle abruzzesi i vitelli invecchiano e il latte deve essere gettato, nei campi la minestra è sempre quella del cibo in scatola o surgelato, di dubbia provenienza e inesistente genuinità, probabile concausa della recente epidemia di dissenteria. […] L’Aquila è ormai una città assediata dalla burocrazia [l’infernale macchina del DICOMAC: Direzione di Comando e Controllo, l’organo di coordinamento nazionale delle strutture di Protezione Civile nell’area colpita] e dalla militarizzazione […]. Nelle tendopoli le uniche assemblee popolari consentite e incoraggiante, quando non direttamente indette dal capo-campo della Protezione Civile, […] sono quelle per simulare la libera elezione dei responsabili civili per la sicurezza, ossia i kapò. Un kapò per ogni etnia per meglio controllare ogni comunità, praticamente scelto dal capo-campo in cambio di condizioni privilegiate nella tendopoli stessa”

http://www.informa-azione.info/abruzzo_diaro_comunicato_dallabruzzo http://www.informa-azione.info/abruzzo_diario_comunicato_dallabruzzo_2

Già nel Febbraio scorso alcuni aquilani avevano incominciato a sfondare zone rosse fronteggiando le forze dell’ordine e sfidando il governo,  per molti di loro la situazione di disagio e rabbia continua ad essere immutata.
Nel napoletano dove lo Stato s’intreccia alla camorra, la gente in un impeto di rabbia si è sollevata contro i due poteri, per una battaglia in difesa della propria vita e del proprio futuro, una battaglia che sfonda, nell’unico modo che gli è rimasto, il muro d’indifferenza che ormai li circonda da anni.

“Intorno alla metà di settembre, l’assessore regionale all’ambiente, Gianni Romano, dichiara l’intenzione di aprire una nuova discarica nel Parco nazionale del Vesuvio, cava Vitiello, a soli 500 mt dalla ormai colma cava SARI. Quest’ ultima, che aveva smesso di funzionare nel 1995 dopo aver ingurgitato per oltre 20 anni ogni genere di monnezza, era stata riaperta nello scorso 2009 su ordine di Bertolaso, ovviamente senza nessun tipo di bonifica né di analisi. Ricordiamo che già nel 2007 il governo Prodi, nella persona dell’allora ministro all’ambiente Pecoraro Scanio aveva già individuato quei luoghi come possibili sversatoi, sia la già attiva cava SARI, sia cava Vitiello.
Di fronte a questa dichiarazione gli abitanti della zona, che già da anni portano avanti lotte contro la devastazioni del loro territorio, si riversano nelle strade e danno vita al presidio per­manente alla rotonda di via Panoramica, crocevia dei paesi di Ter­zigno, Bosco­reale e Bosco­trecase, a soli 500 mt dalle due cave. Nel giro di pochi giorni la ten­sione sale e le notti vengo­no illuminate dai bagliori della rivolta: vengono attuati blocchi stradali per impedire ai mezzi di sversare nelle cave e bruciati numerosi autocompattatori. La polizia risponde con violente cariche nelle quali sono coinvolti anche bambini e i lacrimogeni rendono soffocante l’aria già irrespirabile per i fetori di cava SARI.
Alle cariche notturne si aggiungono intimidazioni, perquisizioni,controlli, fermi e arresti effettuate tutti i giorni dai solerti tutori dell’ordine; nono­stante innumerevoli tentativi di reprimere la rabbia e di sedare gli animi, le rivolte non cessano e per lunghi giorni i fuochi d’artificio vengono usati per tenere lontani celere e blindati e bruciano macchine e anche il tricolore, segno evidente del fatto che nessuna istituzione avrebbe potu­to imporre compromessi.[…] . È importante notare che, nonostante numerosi tentativi dei media e dei politici il movimento antidiscarica non ha ceduto alla divi­sione ormai abusata tra “buoni e cattivi”, tra pacifici e belligeranti, ma più volte ha rivendicato la pluralità delle sue voci e anche la determina­zione di chi, esasperato dalle condizioni disumane di vita, non rinuncia all’azione diretta per difendersi e restituire al mittente la violenza subita quotidianamente.”

http://arraggia.noblogs.org/files/2010/12/miccianovembre010.pdf

Sono 20 anni che in Campania esiste un emergenza rifiuti, ma solo in  questo Ottobre, grazie alla coesione e alla tenacia, i manifestanti sono riusciti ad ottenere una piccola vittoria che è una grande luce di speranza per tutti: la cava Vitiello è stata chiusa a tempo indeterminato.
Non ci soffermeremo molto a parlare della situazione dei migranti su cui tanto abbiamo scritto, ma qui impossibile non ricordare alcune cose fondamentali. Le condizioni disperate a cui sono sottoposti  i migranti irregolari sono divenute insostenibili, spinti ai margini e impossibilitati a condurre una vita dignitosa, hanno oltrepassato la soglia che li costringeva a mantenere un profilo basso, a muoversi impauriti, nascosti nei coni d’ombra della società per uscire allo scoperto con la rabbia e la disperazione di chi non ha più nulla da perdere. La rabbia cieca di Rosarno da eccezione potrebbe trasformarsi in consuetudine, lo dimostrano i lunghi presidi ad oltranza, sopra le gru, nel freddo inverno padano dove i sans-papier hanno sfidato la morte e la carcerazione dimostrando agli italiani solidali, accorsi sotto, come la tragica situazione per essere combattuta ha bisogno di gesti radicali.
La precarietà della vita e il malcostume della politica hanno toccato anche gli studenti, che ciclicamente svolgono lotte destinate ad esaurirsi in una stagione, ma che stavolta sentono un disagio pressante per il futuro che li attende, un disagio forse talmente forte da scavalcare il qualunquismo che solitamente regna incontrastato nella routine del ciclo formativo.

“Nelle ultime settimane le piazze e le strade di tutta Italia sono tornate a riempirsi. Manifestazioni, occupazioni, blocchi stradali. Stazioni, autostrade e princi­pali arterie della circolazione bloccate per ore a ripetizione, in moltissime città. Giovani e meno giovani scendono in strada al motto di “se ci rubano il futu­ro noi blocchiamo le città”. Tra gli sguardi, le voci e le azioni, comincia a ser­peggiare, debole ma sempre meno isolata, l’idea che il futuro che i potenti vorrebbero riservare a tutti noi semplicemente faccia schifo.
Gli effetti della crisi incidono già nel nostro presente, le misure governative per contenerla ed evitare collassi finanziari si accaniscono contro i più po­veri. Le nostre vite stanno sprofondando nella precarietà e la risposta dello Stato è unicamente quella di mettere ogni giorno più polizia nelle strade. Il messaggio è chiaro, lo dicono anche i ministri dell’economia: dovete rasse­gnarvi, la dieta di domani prevede “lacrime e sangue”. Infatti basta guar­dare al di là dei nostri confini per capire che, dalla Grecia al Portogallo, dalla Francia all’Irlanda, la nostra condizione è comune a milioni di persone. Nes­suna anomalia italiana quindi: l’economia è in crisi e non è prevista “alcuna via d’uscita che non passi attraverso i nostri sacrifici”.

http://www.informa-azione.info/files/assaltiamo%20il%20presente.pdf

Siamo ancora lontani da livelli di coscienza e consapevolezza politica riguardo al sistema sociale e quindi al modo di sovvertirlo, ma sono anche innegabili enormi passi avanti per quanto riguarda le tattiche da utilizzare in piazza e le considerazione sulle lotte che essi stessi svolgono. Non cercare scontri frontali e inutili contro il potere, abbandonare la protesta come spettacolo da dare in pasto ai media ma piuttosto creare disagio al sistema. Bloccare flussi, didattica, strade, e punti nevralgici della viabilità*  sapendo consapevolmente che non si abbisogna di lotte di massa, ma che sono ugualmente, se non più, efficaci piccoli gruppi convinti della forza delle proprie idee. Si fa anche strada l’idea che anche le maggioranze non hanno fisiologicamente ragione per il solo motivo di essere maggioranze e di conseguenza si comincia a praticare l’autorganizzazione delle lotte, che cerca più responsabilità individuale e allontana la becera direzione che le organizzazioni giovanili dei partiti attuano, egemonizzando le proteste studentesche per i loro malcelati fini di potere.

«Il reale è quello che vede la maggioranza.»

J.L. Borges

Per chi ha gli occhi per vedere, il cervello per criticare, ma sopratutto il cuore per comprendere, emozionarsi, immedesimarsi, indignarsi e arrabbiarsi la situazione è molto chiara.
Lo Stato in crisi serra le fila, appiattisce le differenze e sferra attacchi tesi a dividere il nemico, in modo da indebolirlo e disperderlo. Non è una tattica nuova, esempio eclatante viene dal G8 di Genova 2001 dove il cosidetto movimento no-global cadde nella trappola diventando il peggior nemico di se stesso e relegando questo paese a nove anni di silenzio. Nove anni in cui l’unica voce posibile da sentire era quella dei media, nove anni di sonno della ragione, nove anni in cui non è esistita nessuna opposizione reale al sistema, nove anni in cui la regressione delle pratiche di lotta è stata talmente forte, non solo da smontare prassi consolidate e considerate normali nelle opinioni comuni, ma ha contribuito a privarci di conquiste sociali che davamo già per scontate, portandoci sull’orlo dell’abisso sociale. Dovremmo quindi credere che una guerriglia durata tre ore che ha portato a 56 feriti tra le forze dell’ordine sia stata condotta da addirittura ben 2000 infiltrati? Piena di violenti che si sono scomodati a venire da altre nazioni, come se non avessero già abbastanza da fare nei loro paesi?
Malauguratamente è vero che nei grandi cortei è impossibile che gli agenti in borghese non si mischino tra la folla, ma dovremmo forse rilasciare dei documenti di reale manifestante a chi ha espresso in modo educato e corretto il proprio disagio, magari facendo domandine a saltare per verificare la preparazione sull’argomento oggetto della protesta? Oppure, in perfetta tradizione italiana, dovremmo trovare, dietro fatti comprensibili e chiari nelle sue origini, svolgimenti ed evoluzioni, trame oscure e dietrologie dal sapore misterioso? Chi sarebbero i professionisti della violenza? Quelli scalcagnati con fazzoletti e vecchi caschi che lanciano pietre mentre brandiscono manici di scopa, o quelli in uniforme, in armatura, con scudi, pistole, manganelli, lacrimogeni, mezzi pesanti, addestrati e pagati per reprimere fisicamente?
Ridicoli luoghi comuni, sciocchezze dalla evidente falsità che ripetute e sbandierate centinaia di volte prendono la grottesca forma di verità per milioni di teleascoltatori.

“I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale.”

W.Allen

Da che pulpito poi vengono le prediche e gli scandali? Da quei campioni di moralità che sono i politici, gente che per la brama di potere corrompe, crea leggi personali o per la propria casta, indifferenti alla sofferenza della gente, derubano e mistificano. Gente che si sfrega le mani di fronte a sanguinosi eventi, che fa della bugia un solido metodo su cui costruire le proprie convenienze, gente che vieta le droghe e poi ne fa regolare uso, gente che criminalizza la prostituzione per servirsene privatamente, gente che si fa baluardo delle pari opportunità per poi svilirle appena apre bocca, antirazzisti un giorno l’anno, persecutori del diverso e dello straniero altri trecentosessantaquattro. Iene attaccate alle poltrone e assetate di quattrini che piuttosto di farsi togliere una briciola del loro potere non esiterebbero un secondo a farci schiacciare da un carro armato. Dovremmo credere agli intellettuali delle tv  o ai sedicenti giornalisti, ruffiani, che passano il tempo ad ingraziarsi ed osannare i padroni del paese, servili fino al disgusto, creatori di menzogne, abitanti di un mondo falso, ricco e sfarzoso da dove ci bacchettano e istruiscono con fare saccente.

“Ma la sorti nun è ostia un è grazia di li santi si conquista cu la forza nta li chiazzi e si va avanti.”

R.Balistreri

Impossibile non notare nell’immobilità sociale e nel sonno del conflitto che, seppur in modo ancora contenuto, qualcosa sotto si muove. Cambiano non solo tattiche e modus operandi del dissenso ma la crisi sociale ha incominciato a logorare i portafogli e con essi, le coscienze più assopite. Adesso sono occhi meno incantati e orecchie più attente ad ascoltare le parole di chi pensa che un sistema del genere, basato sullo sfruttamento e sul tacito consenso, ci stia portando sull’orlo di un baratro. Pian piano cade la maschera del potere, adesso i politici e gli imprenditori pescecani sono nudi, finalmente svelati come ipocriti sciacalli senza alcun scrupolo ed etica che lottano per mantenere potere e privilegi. Ma non rallegriamoci, questo scollamento deriva da un conflitto che è in realtà tutto interno al potere e punta ad una nuova spartizione di esso. Le crepe aperte nel panorama politico sono portate alla luce essenzialmente dai media mainstream che in modo interessato hanno pompato scandali, che son già divenuti consuetudini e proprio in virtù di questo, in breve (come l’informazione asservita sa fare benissimo, li cancellerà totalmente dalle nostre menti con la sovraesposizione mediatica di altre questioni più futili) verranno dimenticati per dar spazio a nuove cialtronerie che perpetuino lo stato delle cose. Ovviamente non sarà una lotta intestina tra chi comanda il sistema-paese a portare cambiamenti, non dobbiamo farci trasportare inebriati dal rivoltoso vento di scirocco che spira dal nordafrica, ma farne tesoro. Soltanto la volontà indomabile di chi è messo alle strette, potrà strappare dalle poltrone i loschi individui che ci comandano per poi  bruciar quelle stesse poltrone impedendo che nuovi oppressori se ne impossessino. C’è realmente uno sforzo da fare, se si vuol uscire dall’intollerabile situazione d’ impotenza in cui siam relegati, ad esempio bisognerebbe che gli studenti si concentrassero non solo su una riforma da contestare ma sulla critica di un intero sistema di formazione che è diretto e orientato esclusivamente dall’economia per l’asservimento intellettuale. Oppure che gli immigrati non s’accontentassero di criticare sanatorie truffa o a chiedere semplicemente il permesso di soggiorno, ma si battessero per la libera circolazione degli individui, che gli operai non si limitassero a difendere il loro posto di lavoro ma senza deleghe cercassero di conquistare la loro emancipazione, che i comitati locali non chiedessero lo spostamento di una discarica, la chiusura di un termovalorizzatore, la non costruzione di un opera faraonica ma lottassero per un nuovo modo di vivere lontano dal consumismo capitalista e dalle nocività che esso inevitabilmente crea. E’ ora di alzare lo sguardo ognuno dal proprio orticello, tutti quelli che non si accontentano solo di apportare piccole correzioni ad un sistema di sfruttamento che nella sostanza non puo cambiare, ma che chiedono altro, che non accettano questa realtà e che la vogliono modificare sostanzialmente e realmente è ora che smettano di ascoltare le sirene mediatiche, le scuole, le università, i dirigenti, i sindacati, i partiti, gli intellettuali che tenteranno in ogni modo di recuperare quella piccola frattura che si è venuta a creare in questi mesi. E’ ora di trasformare questa frattura in una lacerazione insanabile, è ora di fare un passo avanti tutti insieme, per spingerci oltre ogni definizione conosciuta e farla finita con questo antico, ipocrita lugubre sistema.

PER L’ANTIAUTORITARISMO, L’AUTOGESTIONE , LA SOLIDARIETA’ ATTIVA.

*http://labottiglieria.noblogs.org/post/2010/11/26/della-riforma-non-cene-frega-un-cazzo-vogliamo-che-esploda-la-sommossa-generalizzata-ovunque/

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