“Questo sistema che stiamo mettendo a punto – sottolinea –
garantirà l’integrazione: io suggerisco allo straniero le cose da fare
per integrarsi nella comunità. Se le farà, gli darò il permesso di soggiorno,
se non le farà, significa che non vuole integrarsi”.
R. Maroni, ministro
dell’Interno
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Questo lo spot che il ministro Maroni vuole passare a reti unificate. L’aspirante al Vallhalla Padano ha esposto il nuovo “accordo di integrazione”, un nome carino per un ricatto che mina qualsiasi principio di umanità. Il malcapitato migrante per non sprofondare nell’oblio, che tra le altre cose non gli permette un assistenza sanitaria senza pericoli, che gli vieta un tetto sotto la testa ma che invece gli assicura un regime detentivo, dovrà conoscere le regole “civili” del nostro paese, compresa la costituzione, che tutti i buoni patrioti, sopratutto leghisti, conoscono a memoria. Richiesta la conoscenza della lingua italiana in due anni, e pensare che noi siciliani abbiamo avuto tempo fin dal 1864 e ancora abbiamo problemi con i congiuntivi, senza contare che i sardi, solo per fare un esempio, parlano proprio una lingua diversa…. ovviamente lavoro in regola con il fisco e manco a dirlo nessuna infrazione alle leggi.
E’ ormai facile,purtroppo, immaginare un’ambientazione distopica, non si capisce poi fino a che punto, dove le vite di ciascuno sono monitorate sotto ogni aspetto.
Alcuni decenni fa era forse impensabile che un’esistenza potesse essere misurabile in punti, un susseguirsi di unità simboliche che, nel loro insieme, garantiscono il destino di particolari classi di esseri umani, in questo caso coloro che, per le più disparate e disperate cause, lasciano il proprio paese e approdano in Italia.
In un lampo emergono i tentacoli dell’oppressione quotidiana e si vengono definiti tempi e modi per garantirsi la propria sopravvivenza. Diventa fondamentale, nel giro di due anni, raggiungere dei traguardi culturali, e non, che non sono nemmeno lontanamente raggiunti dalla popolazione indigena. Ecco una delle tante beffe, sarà doveroso conoscere la costituzione, quell’insieme di illusioni burocratiche a cui anche diversi presunti antagonisti, spesso costretti al muro, fanno ricorso per cementificare le proprie posizioni. Il primo passo per entrare nella società civile, il secondo non può che essere mettersi in carreggiata e iniziare a pagare una serie di estorsioni riscosse dallo stato e le sue compagnie satellite, il tanto discusso fisco.
L’agognata meta di questo percorso? I famigerati trenta punti, ben dieci in più di quelli spettanti alle patenti di guida, che elevano lo straniero ad uno status nuovo, riconosciuto dalla collettività. Tutto questo mi ricorda le missioni evangeliche dei secoli scorsi nei continenti dell’allora Nuovo Mondo, al fine di tramutare quelle bestie in uomini dotati di morale e costumi imposti dai colonizzatori. L’immigrato non deve disperare perché lo stato è pur sempre un’istituzione tollerante : ventiquattro mesi non sono bastati? Magari la legge si è messa di mezzo ed è saltata fuori qualche notifica di reato? Ecco che, come in un errore compiuto in un quiz, i punti faticosamente guadagnati scompaiono, vanificando il percorso di civilizzazione intrapreso nel corso dei mesi. Ma di che preoccuparsi, lo stato guarda anche a chi rimane indietro in questa corsa verso il sogno occidentale, concedendo un bonus di dodici mesi, giusto gli ultimi posti per guadagnarsi il tanto importante pezzo di carta.
Agli studenti, concluso l’anno scolastico, capita di non aver raggiunto la sufficienza in qualche materia, di conseguenza scatta il relativo debito formativo. E se lo straniero non guadagna i trenta punti nel tempo stabilito? Un’altra possibilità? La possibilità di riparare a Settembre?
Niente di tutto questo, il fallimento viene coronato da un’espulsione per direttissima dall’Italia e forzato rimpatrio nel proprio paese, senza pensare ai rischi che spesso corre chi ha lasciato tutto per tentare di sopravvivere altrove. Non traspare la chiara volontà, da parte delle istituzioni, di favorire la più genuina integrazione e una fine alle dinamiche violente, e spesso mortali, di una xenofobia dilagante nel nostro paese ma anche nel resto d’Europa con l’avanzata delle destre più radicali?
Forse non traspare perché, squarciando il velo di falso buonismo che funge da facciata ai poteri dominanti, risulta limpido come tutti i processi riguardanti la “regolarizzazione” dello straniero finiscano per favorirne l’opposto, ovvero la “clandestinità”.
Forse perché è più facile deportare soggetti clandestini in campi di lavoro, alienandoli da tutto e da tutti? Dovremmo quindi sentirci più al sicuro quando gli stranieri saranno integrati, nel nostro sistema? Quando saranno rincoglioniti teledipendenti, abbietti sfruttatori, cinici delatori, funzionari corrotti, brutali razzisti.
Attori e comparse di questa società che non si fa scrupoli di devastare e inquinare il proprio habitat, di bombardare un popolo disarmato, di incarcerare, torturare ed uccidere, tutto questo solo per difendere il proprio privilegio. E sottoporli di conseguenza a condizioni di vita infime al prezzo poi di tremare quando questi soggetti, guadato il torrente della propria disperazione, si riappropriano delle loro vite e attaccano gli obiettivi che li relegano alla miseria quotidiana.
Molto probabilmente è quest’ultima la forma di integrazione che può davvero essere la soluzione allo sfruttamento subito da milioni di moderni schiavi e al controllo onnisciente dedicato a chi agisce per sovvertire questa realtà dei fatti.
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