Cronache di ordinaria xenofobia

E’ durata poco più di un giorno, dalla mattina del 26 Ottobre alla serata del 27, la permanenza a Catania di 68 immigrati, sbarcati insieme ad altrettanti 44 minorenni, nell’ultima meta di un faticoso viaggio che si è protratto per 9 giorni nel Mediterraneo.
Arrivati a largo delle coste di Riposto l’accoglienza delle motovedette italiane consiste nello scarico di un intero caricatore di m-12, in risposta a presunti lanci di  pietre e cime, che avrebbero dovuto bloccare le eliche dei mezzi della GdF, da parte degli scafisti, in 18 verranno arrestati appena dopo lo sbarco.
Comincia così l’etichettamento del bestiame, così ci pare vengano considerati questi uomini da forze dell’ordine, protezione civile e crocerossa. Verranno, in modo sommario, riconosciuti come egiziani nonostante le numerose dichiarazioni di nazionalità palestinese, e deportati presso il PalaNitta, ampia struttura sportiva situata nel periferico quartiere di Librino.
Gli antirazzisti, lasciato il presidio al Porto, raggiungono la struttura e premono per poter entrare e rendersi conto di persona della situazione e soprattutto delle condizioni in cui versano gli immigrati, alcuni dei quali vengono ricoverati in ospedale per diversi problemi di salute. Subito le forze dell’ordine e i funzionari della Questura, vicario del prefetto in testa, concretizzano le direttive arrivate da Roma,  dove per loro stessa ammissione è Maroni in persona, che sta seguendo la vicenda. Quindi, per ragioni di ordini superiori impediscono, non solo a ong e associazioni antirazziste, di varcare l’ingresso, ma anche ai rappresentanti dell’alto commissariato Onu per i rifugiati, unica eccezion fatta ovviamente per la  sempre più “embedded” CRI..
Diversi compagni, ai lati della struttura, tentano di entrare in contatto con gli immigrati ma l’operazione dura poco a causa della perentoria risposta delle forze dell’ordine. Comincia, dal pomeriggio fino alla tarda notte, il presidio antirazzista dinnanzi al PalaNitta durante il quale prenderanno corpo anche colluttazioni con i carabinieri per via di un vetro rotto, sappiamo bene che la repressione poliziesca si appiglia ad ogni pretesto o spesso è direttamente immotivata. Volano pugni e calci, alcuni compagni rimangono accerchiati dagli sbirri ma poi vengono tirati via dagli altri presenti, così il clima ritorna disteso.
Il presidio rimane, ma la tensione torna alta il pomeriggio del 27 quando i minorenni, anch’essi trattati come semplici oggetti e non come persone, vengono caricati su un autobus per essere smistati in diverse comunità di accoglienza, senza curarsi se essi abbiano parenti in Italia o meno. Sono in lacrime, per quel poco di comunicazione che si riesce a stabilire,  alcuni mostrano di aver già capito che l’Italia non è quella che avevano sognato ma un incubo per chi non ha il pezzo di carta giusto.
Due ore dopo, muro contro muro si fronteggiano antirazzisti e forze dell’ordine in vista del  rimpatrio coatto, gli immigrati vengono caricati sui pullman per essere condotti all’aeroporto di Fontanarossa, nonostante vi sia il nutrito dubbio che l’identificazione, non sia mai avvenuta e che quindi neghi agli eventuali immigrati palestinesi di appellarsi allo status di rifugiati politici, concessione che gli immigrati curdi, sbarcati sulle coste campane qualche giorno fa, sono invece riusciti ad ottenere.
Gli antirazzisti sono costretti a rinunciare ad uno scontro frontale con le forze dell’ordine, schierate a protezione dei pullman, e decidono di recarsi tempestivamente all’aeroporto di Fontanarossa e bloccare i check-in dell’aeroporto, facendo sentire la propria voce e impedendo fisicamente la regolare attività dello scalo. Il volo charter, in direzione Cairo, riuscirà comunque a partire, corredato da una visita-lampo del console egiziano, nonostante le pressioni degli antirazzisti.
Per chi da mesi combatte il pacchetto sicurezza e attacca i fornitori di quotidiana repressione questa esperienza, la prima per molti, è stata sicuramente un’esperienza significativa e un primo passo verso una determinatezza sempre maggiore nel contrasto del razzismo imperante nel nostro grigio esistente. Gli occhi hanno visto e la mente ha preso nota di ogni dettaglio, punteremo a farci trovare sempre più preparati a situazioni come queste!
Il nostro pensiero non può che andare ai tre immigrati che, a quanto pare, nonostante il silenzio della stampa sull’argomento, sono riusciti a fuggire dal PalaNitta, sperando che essi non debbano mai conoscere la realtà dei lager per stranieri.

L’unica mediazione culturale che conosciamo è la condivisa voglia di libertà!

All’identificazione contrapponiamo la solidarietà!

Contro le deportazioni, i CIE e tutti i loro gestori e finanziatori!

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Napoli – Il 6 Novembre in piazza contro la repressione

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Edizioni Straordinarie – Catalogo distribuzione

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Di seguito i titoli che sono presenti nella distribuzione libraria delle Edizioni Straordinarie, il catalogo viene aggiornato costantemente.

Edizioni Straordinarie

Istigazione a Delinquere 1,50 euro

Edizioni Nautilus

La città totalitaria (Miguel Amoròs) 3 euro
Tav – Perchè il tav è un danno individuale e un flagello collettivo 1 euro
L’abolizione del lavoro (Bob Black) 1,80 euro
Avviso agli studenti (Raoul Vaneigem) 2,60 euro
Elogio della pigrizia affinata (Raoul Vaneigem) 1,80 euro
Ammazzare il tempo (John Zerzan) 3 euro
I temponauti : Viaggio radicale alla ricerca del tempo perduto (Luigi Bontempi) 2,60 euro

A cura dell’Assemblea dell’Officina di Fisica (La Sapienza)

Scenari energetici – Opuscolo informativo sulle energie nucleari e rinnovabili 3 euro

L’oro del tempo

Ma chi ha detto che non c’è (Crisso Odoteo)

A cura di alcuni figli di…nessuno

Come fare e rifare le scarpe ai suicidi – su alcuni avvoltoi ed altri pennuti

Edizioni Acrati

Terrorismo o rivoluzione (Raoul Vaneigem) 3 euro

Edizioni NN

Albania : Laboratorio della sovversione 1,50 euro
Il Ros è nudo : Come si fabbrica un’inchiesta giudiziaria 1 euro
Al di là del passamontagna del Sud-est messicano (Sylvie Deneuve e Charles Reeve) 2 euro
Barbari : L’insorgenza disordinata (Crisso Odoteo) 3 euro
Ultima fermata : Dall’attacco contro il Tav in Val Susa alla difesa degli spazi occupati a Torino 3 euro
Fuoco alle polveri – Guerra e gurriglia sociale in Iraq 4 euro
Os Cangaceiros – Un crimine chiamato libertà

Edizioni Gratis

Sono ateo, grazie a dio! – Antologia di testi antireligiosi e materialisti dall’antichità ad oggi 12 euro
Da Mazas a Gerusalemme (Zo d’Axa) 7 euro
La libertà e altri scritti (Albert Libertad) 3 euro
Sulla zattera della medusa – Il conflitto sugli OGM in Francia (Renè Riesel) 12 euro
La politica messa a nudo dai suoi scapoli, anche (Jean-Paul Michel) 2,50 euro
Profeti e fuorilegge nel Sertao (Georges Lapierre) 4 euro
Guerra alla schiavitù (John Brown) 6 euro

Edizioni Anarchismo

di Alfredo Maria Bonanno :

Senza ragione 3 euro
La gioia armata 4 euro
Nuove svolte del Capitalismo 4 euro
Chiusi a chiave. Una riflessione sul carcere 4 euro
Distruggere il lavoro 4 euro
Io so chi ha ucciso il commissario Calabresi 4 euro
Critica del sindacalismo 4 euro
La tensione anarchica 4 euro
Gli dei al tramonto 3 euro
Il ripristino degli dei 3 euro
Dominio e Rivolta 3 euro
Nichilismo e volontà di potenza 3 euro
La logica del “a poco a poco” 3 euro
Cultura della miseria 3 euro
Carcere e lotte dei detenuti 3 euro
Contro la chiarezza 3 euro
Dire la verità 3 euro
Teoria e pratica dell’insurrezione 15 euro
Cartaggio Bertoli-Bonanno (1998-2000) 15 euro
Teoria dell’individuo : Stirner e il pensiero selvaggio 15 euro

Senza Titolo n° 1 (Autunno 2008) 4 euro
Senza Titolo n° 2 (Inverno 2008) 4 euro
Senza Titolo n° 3 (Primavera 2009) 4 euro
Senza Titolo n° 4 (Autunno 2009) 4 euro

Il mutuo appoggio (P. Kropotkin) 9 euro
La grande rivoluzione (P. Kropotkin) 8 euro
The Angry Brigade 4 euro
Miseria del femminismo (Dominique Karamazov) 4 euro
La servitù volontaria ( Etienne De La Boétie) 4 euro

Il Silvestre

Nanotecnologie – La pietra filosofale del dominio 6 euro

Edizioni ‘u piscistoccu

La terra trema lo Stato avanza – Il terremoto di Messina nel 1908. L’ingegneria sociale dei terremoti passati e futuri 2,50 euro

Edizioni Colibrì

Il grande riscatto (Ricardo Palma Salamanca) 12 euro
Storia di un’autogestione (Cox 18-Archivio Primo Moroni-Calusca City Lights) 9 euro

Edizioni a cura della Cassa anarchica di solidarietà anticarceraria

Faccia a faccia con il nemico 3 euro

Edizioni Il Porfido

Delta in Rivolta : Suggerimenti da un’insurrezione asimmetrica 8 euro

Comitato Invisibile

L’insurrezione che viene 5 euro

Riviste e Aperiodici

Terra Selvaggia – Pagine anticivilizzatrici n° 24 (Marzo 2011) 3 euro
Invece – Mensile anarchico n° 5 (Maggio 2011) 1 euro
Invece – Mensile anarchico n° 6 (Giugno 2011) 1 euro
Invece – Mensile anarchico n° 7 (Luglio 2011) 1 euro
Invece – Mensile anarchico n° 8 (Agosto 2011) 1 euro
Invece – Mensile anarchico n° 9 (Settembre 2011) 1 euro
Sputo – n° 13 (Numero speciale sul Poligono di Quirra) 1,50 euro

Per ordinare è possibile scrivere a edizionistraordinarie@gmail.com

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Qualche considerazione sulle condizioni di (non)vita nel carcere di Catania

Un clima sempre più rovente si respira nelle carceri italiane dove il sovraffollamento sembra ormai essere una costante imprescindibile.

Non fa eccezione il carcere di Piazza Lanza dove, nel corso dell’estate, detenuti e detenute hanno attuato una sistematica battitura di stoviglie sulle sbarre delle loro celle, facendo sì che il rumore valichi le mura e si diffonda nel circondario.

Circa due mesi fa c’è stata anche una, delle purtroppo oramai frequentissime, morte sospetta. I sintomi di un infarto non sono bastati alla direzione carceraria e così Marcantonio De Angelis, 49 anni, si è visto prescrivere solo degli antidolorifici. Il detenuto, indagato per rapina ma proclamatosi da sempre innocente e costituitosi volontariamente, è morto per via di un mancato trasferimento in una struttura ospedaliera.

Questo luttuoso episodio è una delle recenti gocce in un mare di suicidi, alcuni solo tentati, atti autolesionisti e scioperi della fame.

Anche nella stessa piazza antistante il carcere si sono verificate azioni contro gli agenti penitenziari : dal fitto lancio di uova contro una camionetta e alla deposizione di gigli, sinonimo di lutto, sono su alcune macchine di secondini. Sono solo questi i fatti che sono dignitosi di trovar posto su tv e giornali locali, correlati da spaventate dichiarazioni del vice segretario dell’Osapp in merito alla crescente tensione che è sempre più palpabile nel carcere di Piazza Lanza.

Le contraddizioni di questa città spesso vengono offuscate ad arte dai mass media locali o edulcorate per non turbare eccessivamente gli animi dei cittadini. Anche il carcere, come istituzione, è l’emblema delle contraddizioni che sono insite in una città stretta nella morsa di una classe politica, quindi mafiosa, che specula sulla pelle dei più deboli.

Sono però le parole di un detenuto, che invia la sua lettera ai compagni Olga, bollettino mensile che segue le lotte carcerarie e da spazio alle testimonianze dei reclusi, a dare uno spaccato vivido della vita nel carcere catanese.

Lettera tratta dall’ultimo numero di OLGA

[…] La legge punisce lo sfruttamento al lavoro e la riduzione in schiavitù di qualsiasi

essere umano, ebbene, da anni i detenuti lavoranti dentro le carceri sono sottoposti a

sfruttamento e schiavitù. Lavorano dalla mattina alle 6 fino alle 19 di sera, in condizioni

di vera e propria sottomissione, schiavitù. Devono pulire, lavare, spolverare, passare

i pasti, spostare anche il più piccolo oggetto anche di natura personale per le guardie.

Comandati a bacchetta così come si comandavano anticamente gli schiavi. Umiliati e privati

di qualsiasi dignità umana.

E tutto per ricevere 250 euro mensili. Si, perché ufficialmente nelle carte risulta che

lavorano solo per poche ore al giorno, invece lavorano anche 12-14 ore al giorno.

Per questo tipo di sfruttamento e sevizie, la nostra legge prevede arresto nella flagranza

e non. Ma qui non si arresta nessuno e il reato è continuato giorno dopo giorno, ora

dopo ora, tutti sanno e nessuno interviene.

Parliamo anche di chi da anni si arricchisce alle spalle dei detenuti, sia dietro le carceri

sia al ministero della giustizia.

Diamo uno sguardo ai prezzi imposti per l’acquisto della spesa. Guarda caso, nessuna

procura, nessun magistrato ha mai indagato su questo.

Il detenuto è costretto ad acquistare dentro il carcere, tutti i beni di prima necessità,

compreso il cibo, perché quello che viene passato, oltre ad essere di pessima qualità. È

in commestibile ed insufficiente, dato il numero dei detenuti.

Si approfitta in primis dell’acqua. Che oltre ad essere una sottomarca, “PRIMAVERA”,

viene pagata 42 centesimi la bottiglia da un litro e mezzo, quando in qualsiasi discount

con 42 centesimi si comprano 2 bottiglie da 2 litri. Poi tutto il resto sono solo prezzi alterati

e merce scadente. Speculazioni per arricchire chi contribuisce a far prendere gli

appalti sia in sede sia a Roma.

Insomma, tangenti, appropriazioni e tanti altri illeciti convivono con noi, sotto gli occhi

di tutti, ma nessuno interviene. Nessuno apre un’indagine su questi fatti, nessuno indaga

su chi gestisce questi traffici, ma soprattutto nessuno, tra direttori, guardie, ministri

e magistrati viene in queste celle a rieducarsi. Non possiamo comunque dire che il ministro

Alfano non sia un buon siciliano. Ha infatti subito messo in atto il famoso detto:

“niente so e niente vidi”. Bravo ministro, “La legge è uguale per tutti” e la libertà?

Un saluto a tutti e buona fortuna di cuore.

16 luglio 2010

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A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – Vite a punti

“Questo sistema che stiamo mettendo a punto – sottolinea –
garantirà l’integrazione: io suggerisco allo straniero le cose da fare
per integrarsi nella comunità. Se le farà, gli darò il permesso di soggiorno,
se non le farà, significa che non vuole integrarsi”.


R. Maroni, ministro
dell’Interno

Hai un contratto di lavoro? Il permesso di soggiorno in regola? Corri in questura e ti consegneranno un pratico raccoglitore! Colleziona i tuoi punti, stai sulla retta via e vincerai FANTASTICI diritti civili tutti per te!! E con soli 30 punti, in palio per te anche 5.000 DIRITTI UMANI DIGNITOSI!!Affrettati!!!
Questo lo spot che il ministro Maroni vuole passare a reti unificate. L’aspirante al Vallhalla Padano ha esposto il nuovo “accordo di integrazione”, un nome carino per un ricatto che mina qualsiasi principio di umanità. Il malcapitato migrante per non sprofondare nell’oblio, che tra le altre cose non gli permette un assistenza sanitaria senza pericoli, che gli vieta un tetto sotto la testa ma che invece gli assicura un regime detentivo, dovrà conoscere le regole “civili” del nostro paese, compresa la costituzione, che tutti i buoni patrioti, sopratutto leghisti, conoscono a memoria. Richiesta la conoscenza della lingua italiana in due anni, e pensare che noi siciliani abbiamo avuto tempo fin dal 1864 e ancora abbiamo problemi con i congiuntivi, senza contare che i sardi, solo per fare un esempio, parlano proprio una lingua diversa….  ovviamente lavoro in regola con il fisco e manco a dirlo nessuna infrazione alle leggi.

E’ ormai facile,purtroppo, immaginare un’ambientazione distopica, non si capisce poi fino a che punto, dove le vite di ciascuno sono monitorate sotto ogni aspetto.
Alcuni decenni fa era forse impensabile che un’esistenza potesse essere misurabile in punti, un susseguirsi di unità simboliche che, nel loro insieme, garantiscono il destino di particolari classi di esseri umani, in questo caso coloro che, per le più disparate e disperate cause, lasciano il proprio paese e approdano in Italia.
In un lampo emergono i tentacoli dell’oppressione quotidiana e si vengono definiti tempi e modi per garantirsi la propria sopravvivenza. Diventa fondamentale, nel giro di due anni, raggiungere dei traguardi culturali, e non, che non sono nemmeno lontanamente raggiunti dalla popolazione indigena. Ecco una delle tante beffe, sarà doveroso conoscere la costituzione, quell’insieme di illusioni burocratiche a cui anche diversi presunti antagonisti, spesso costretti al muro, fanno ricorso per cementificare le proprie posizioni. Il primo passo per entrare nella società civile, il secondo non può che essere mettersi in carreggiata e iniziare a pagare una serie di estorsioni riscosse dallo stato e le sue compagnie satellite, il tanto discusso fisco.
L’agognata meta di questo percorso? I famigerati trenta punti, ben dieci in più di quelli spettanti alle patenti di guida, che elevano lo straniero ad uno status nuovo, riconosciuto dalla collettività. Tutto questo mi ricorda le missioni evangeliche dei secoli scorsi nei continenti dell’allora Nuovo Mondo, al fine di tramutare quelle bestie in uomini dotati di morale e costumi imposti dai colonizzatori. L’immigrato non deve disperare perché lo stato è pur sempre un’istituzione tollerante : ventiquattro mesi non sono bastati? Magari la legge si è messa di mezzo ed è saltata fuori qualche notifica di reato? Ecco che, come in un errore compiuto in un quiz, i punti faticosamente guadagnati scompaiono, vanificando il percorso di civilizzazione intrapreso nel corso dei mesi. Ma di che preoccuparsi, lo stato guarda anche a chi rimane indietro in questa corsa verso il sogno occidentale, concedendo un bonus di dodici mesi, giusto gli ultimi posti per guadagnarsi il tanto importante pezzo di carta.
Agli studenti, concluso l’anno scolastico, capita di non aver raggiunto la sufficienza in qualche materia, di conseguenza scatta il relativo debito formativo. E se lo straniero non guadagna i trenta punti nel tempo stabilito? Un’altra possibilità? La possibilità di riparare a Settembre?

Niente di tutto questo, il fallimento viene coronato da un’espulsione per direttissima dall’Italia e forzato rimpatrio nel proprio paese, senza pensare ai rischi che spesso corre chi ha lasciato tutto per tentare di sopravvivere altrove. Non traspare la chiara volontà, da parte delle istituzioni, di favorire la più genuina integrazione e una fine alle dinamiche violente, e spesso mortali, di una xenofobia dilagante nel nostro paese ma anche nel resto d’Europa con l’avanzata delle destre più radicali?
Forse non traspare perché, squarciando il velo di falso buonismo che funge da facciata ai poteri dominanti, risulta limpido come tutti i processi riguardanti la “regolarizzazione” dello straniero finiscano per favorirne l’opposto, ovvero la “clandestinità”.
Forse perché è più facile deportare soggetti clandestini in campi di lavoro, alienandoli da tutto e da tutti? Dovremmo quindi sentirci più al sicuro quando gli stranieri saranno integrati, nel nostro sistema? Quando saranno rincoglioniti teledipendenti, abbietti sfruttatori, cinici delatori, funzionari corrotti, brutali razzisti.
Attori e comparse di questa società che non si fa scrupoli di devastare e inquinare il proprio habitat, di bombardare un popolo disarmato, di incarcerare, torturare ed uccidere, tutto questo solo per difendere il proprio privilegio. E sottoporli di conseguenza a condizioni di vita infime al prezzo poi di tremare quando questi soggetti, guadato il torrente della propria disperazione, si riappropriano delle loro vite e attaccano gli obiettivi che li relegano alla miseria quotidiana.
Molto probabilmente è quest’ultima la forma di integrazione che può davvero essere la soluzione allo sfruttamento subito da milioni di moderni schiavi e al controllo onnisciente dedicato a chi agisce per sovvertire questa realtà dei fatti.

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In nome del popolo sovrano. Resistenza, Democrazia, Religione e varie altre credenze e amenità popolari.

Il giorno della Liberazione dai nazifascisti alcuni amministratori locali dichiarano l’inconsistenza partigiana incensando il salvatore americano laddove non rilanciano con stizza un revanscismo che equipara vittime e ideali dei resistenti a quelli dei repubblichini. Ad esempio, il consigliere comunale di Catania Puccio la Rosa rende omaggio a tutte le vittime il 25 Aprile al monumento ai Caduti e presenzia  alla messa in suffraggio al duce giorno 28. A Roma e Milano, come in altre grandi città, aperte contestazioni sfidano le commemorazioni ufficiali che tentano di suturare una ferita che sotto la cute è ancora ben aperta e cova infezioni, pus e cancrena. Il cosiddetto giorno della  Liberazione è ormai privo dei suoi protagonisti, che lentamente si spengono, e lascia invece spazio a chi i fascisti molto spesso li ha visti solo in TV. Il pericolo è non solo la deformazione, di una storia già martoriata, ma il suo allontanamento dalla odierna realtà. Questo potrebbe diventare l’inizio di uno spontaneo tentativo di provar a rimettere al proprio posto e al giusto senso un mitizzato evento che è divenuto formalità priva di sincera sostanza. Un attacco dove a essere colpiti non sono unicamente i soliti fascisti e revisionisti di ogni sorta ma anche il dogmatismo conservatore che è presente in ogni fazione delle istituzioni, comprese in particolar modo le sinistre.
L’autoritaria società del profitto dorme sonni tranquilli e a custodirla c’è la cosiddetta sinistra; un ampio spettro di partiti, sindacati, associazioni pronti ad irregimentare il popolo in una religiosa concezione dell’esistente facendo sponda ad una destra che, sempre meno ambigua, alla luce del sole mostra la sua reale natura fascista. Ammorbati da formalità, logiche di partito e di potere, la resistenza è stata già sostanzialmente demolita, impossibile dunque non convenire con gli squadristi che inquadrano così la situazione in un manifesto “25 aprile: un’ idea è al tramonto, quando non trova più nessuno capace di difenderla”.

 

In Nome Del Popolo Sovrano

Resistenza, Democrazia, Religione e varie altre credenze e amenità popolari.


Sessantacinque anni son sufficienti a far sbiadire qualsiasi cosa non venga alimentata e rinnovata in modo adeguato. La memoria si perde cristallizzandosi in spot celebrativi e si concentra sulle attuali esigenze tramite vuote commemorazioni circondate da corone di alloro, idealizzando fatti che nel passato erano permeati di sangue, lacrime e fango. La prima illustre vittima è il significato dell’evento, il suo contesto, la sua stessa spinta prima ancora degli avvenimenti in se stessi. Lassù, nascosti sui monti, bagnati fradici, nell’attesa snervante dell’azione si era pronti a sacrificare la vita, un bene che nessuno vorrebbe gettare al vento, dal più pio al più infame, un bene che deve avere una valida quanto pesante e necessaria contropartita nella bilancia di una scelta estrema.. Uccidere o essere ucciso. Perchè mettersi di fronte ad una sceltà così tragica se non per un reale bisogno, per un impellente necessità di cui non si può fare a meno. Il rifiuto totale di un sistema castrante, che affama e rende miseria, così ipocrita e soffocante nella sua retorica assassina, imponeva l’ardua sceltà: impugnare le armi nella disperazione e tentare di cambiar tutto anche se “..è già tanto se non finiremo in prigione..”(cit.). Adesso un colpo di spugna ha lasciato in piedi solo roboanti dichiarazioni non tanto dissimili poi dalla retorica che con le armi si era decisa di combattere. Il rispetto delle regole è divenuto il preziosissimo alleato della reazione e la democrazia è diventata, più che discutibile metodo, un valore tradizionale a cui votarsi senza l’uso della ragione, ma a cui Credere come divino mistero. L’immaginario comune ha creato precetti indiscutibili come la Trinità della democrazia o l’Immacolata Concezione del Che Guevara ammantandoli di un sacro conformismo, sciocchezze degne del peggior tradizionalismo diventano, per alcuni autoproclamatisi progressisti, battaglie fondamentali per la difesa del bene comune, una sorta di resistenza che capovolta non è ribellione ma, in egual misura ai precetti destroidi o fascisti, becera reazione.

Solo concentrandoci in questo quadro ancora sfocato riusciamo a sostenere la visione di giovanotti che con leggerezza indossano magliette con l’effige di un militare che sventrava i suoi nemici in più parti del globo e sentirli pronunciare assurde invocazioni contro la violenza di una scritta sul muro, contro l’efferratezza di uno slogan e via dicendo. E’ in questo quadro che la sinistra diventa un nuovo cattolicesimo, la democrazia la sua chiesa e la difesa della costituzione pari alla difesa del suo vangelo. La sua stupida liturgia si trasforma in un evento che non si può interrompere o cambiare ma che invece deve rimanere tale, immutato nei secoli,  fino allo stravolgimento del suo significato originale. Se non fosse una reale aberrazione che contribuisce al nauseante svolgersi dell’esistente sarebbe un cabaret da seguire svogliatamente con risate non particolarmente pronunciate, ma essa è la misura del reale e, anche se rinunciamo ad interessarcene, resta sempre lì, pronta a dimostrarci quanto inutili siano gli sforzi nel tentare di cambiare questa ributtante società. Ed è così che non può smuovere genuina rabbia osservare come ad un comizio dei partigiani sia invitata a cianciare, per confondere le acque, una neo eletta presidente della regione Lazio, una che ha festeggiato la sua vittoria a braccio teso senza rinnegare cio che è. Non nasconde di essere una mortale nemica di quei partigiani, una fascista, che dietro i suoi discorsi intrisi della legalità bipartisan agisce da infame liberticida. Ma intanto commemora i suoi nemici, magari col sorriso sulla faccia pensando che mentre loro son sottoterra lei e i suoi compari godono di buona salute. Se qualcuno si azzarda a far scomparire quell’odioso ghigno rispondendo con sdegno, fuori dall’ordinario, ad un ignobile invito, fuori dall’ordinario, allora il gioco è fatto. La religiosa concezione grida all’eretico e fuori dal tempio ad essere scacciati non sono i nemici fascisti, a cui un tempo si sparava non chiedendo una carta bollata di legalità, si sbudellava e si lasciava penzolare a testa in giù senza pretendere che se ne facesse norma scritta, ma i pochi che magari tentano di coltivare una memoria oppure di non perdere una identità messa a dura prova dagli eventi. L’ANPI minaccia di escludere i centri sociali (presi nel mucchio come esempio mitizzato di contestatori) rei di aver lanciato ortaggi contro i fascisti, stigmatizzando con le mani sporche del sangue dei neri, la violenza del pomodoro e del limone, così finalmente la stagione del revisionismo finisce. Il cerchio si chiude, si mette una croce sopra i vecchi rancori, nazifascisti e partigiani possono riconciliarsi aspirando ad un egual posto nella storia, che impietosamente può riproporre la barbarie dei regimi nazionalisti adesso retrocessi a insulsi eventi senza alcune ripercussioni. Ma quello che è ancora più difficile da sopportare è che restano ben saldi alcuni vuoti cocci inservibili, come il mito della rivoluzione, venduto in serie su magliette stampate, cantato in festosi bellaciao ed esposto in vacui ed altisonanti slogan non certo come reale cambiamento dell’assetto societario, che comporterebbe sofferenze, sangue, lacrime sudore e sacrifici quanto invece come simulacro utile a darsi una collocazione di attore protagonista nella società dello spettacolo. Il pacifismo e il buonismo spiattellati a tutti i costi e ad ogni occasione nascondono come sempre sotto le tonache dei vescovi della sinistra l’ipocrisia del potere. Evidenziano il cinismo che campeggia nell’assoluto silenzio sulle continue violenze perpetrate dalle istituzioni e assottigliano le ormai misere differenze con il resto della classe dirigente che si fa forte, propugnando la violenza sui deboli e incitando l’anima nera e intollerante della gente. La sinistra ha perso il suo significato non solo spegnendo ribellioni, perdendo contatto con la gente per strada e diventando rigorosa e immobile istituzione, piegandosi così alla corruzione del potere e diventandone ingranaggio fondamentale, ma anche trasformandosi da alternativa ribelle a religiosa reazione ed è per questo che noi possiamo oggi dire di non avere nulla a che fare con essa.

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Nè Dittatura nè Democrazia


dittatura nè democrazia

“La democrazia
consiste nello scegliere i vostri dittatori, dopo che loro vi hanno detto quello che pensate di voler sentire”.  Alan Coren

La storia, in merito alla giornata del 25 Aprile, ci riporta alla liberazione dal nazifascismo. Menzionando questa data non si può non ricordare la fine della guerra, della dittatura fascista in un clima pesantemente autoritario diffusosi blandamente un po’ in tutte le nazioni del globo. Non siamo qui a celebrare una vuota commemorazione, un anniversario che fa vendere cioccolatini, una ricorrenza che fa girare l’economia con l’ennesimo giorno dedicato al consumo.
Non è una sfilata che serve a mettere in mostra bandiere e gonfaloni alla ricerca di un voto. Non una parodia che, svendendo la propria dignità, ci priva del significato che un giorno come questo dovrebbe rappresentare.
Questa giornata non rappresenta una liberazione visto che, ora più che mai, non ci sentiamo vittoriosi, né tanto meno felici. Limitarsi a celebrare il 25 Aprile significa mentire a sé stessi, cullandosi su una liberazione che venne tradita a tempo di record, lo testimoniò l’immediato venir meno senza scrupolo agli ideali alla base della liberazione partigiana stessa.
Se questo giorno c’interessa ancora, è perché crediamo che all’alba di quel 25 aprile fossero in molti a non pensare esclusivamente di scacciare un padrone, ormai diventato intollerabile, ma si aspettavano un radicale cambiamento che avrebbe scosso le fondamenta di questa vecchia società e fatto tremare tutti gli sgherri che la sorreggono. Ma adesso che quasi tutti hanno relegato ogni istanza di cambiamento al mondo dei sogni e che, smaliziati, hanno appoggiato il pragmatismo del “menopeggio”, è un dovere prendere atto della sconfitta.
Quel nemico che i nostri padri e nonni credevano di aver definitivamente debellato è ancora qui tra noi, è ovunque, ci circonda, ci sovrasta. Ha solo indossato una nuova maschera senza venire meno ai suoi dogmi decisamente autoritari. Il sistema disumano del profitto e l’utopia della democrazia si sono rivelati un incubo senza risveglio. Oltre a permettere contiguità al fascismo ne ha riprodotto le aberranti forme in una miscela ancora più viscida e totalizzante. L’illusione della sovranità popolare ha riprodotto le leggi discriminatorie e razziali (es.reato d’immigrazione clandestina), i suoi osceni campi di concentramento nascosti sotto l’elegante veste di Centri d’Identificazione ed Espulsione (CIE). Lo squadrismo viene incoraggiato sotto il nome di ronda mentre il clima militaresco si diffonde fuori e dentro i confini dispiegando eserciti per le strade, giustificati da pretese di sicurezza e aiuto umanitario. Miseria epovertà aumentano mentre una classe dirigente abietta e senza scrupoli prospera nella più ipocrita e arrogante opulenza. Rispetto alla dittatura il sistema democratico in più ci ha donato la competizione e l’indifferenza per renderci tutti complici.
Proprio come nei momenti peggiori, il pericolo è talmente reale che la maggior parte non ne ha coscienza, osservarlo da tanto vicino impedisce di comprenderne forma ed estensioni.
Quel nemico non è una sola persona fisica ma un contesto, non un corpo ben definito ma un sentimento, non una classe o un partito ma un intero sistema di produzione e gestione del potere.
Come anarchici, disprezziamo senza remora i capisaldi dei regimi totalitari:il culto della personalità, noi che vogliamo l’autodeterminazione di ogni individuo; il nazionalismo e il razzismo che ne consegue, noi che vogliamo l’abbattimento di ogni confine; il militarismo e la repressione, noi che crediamo nella libertà; la difesa degli interessi economici da parte di chi detiene il potere politico e religioso, noi che pensiamo che tutto debba appartenere a tutti.

Se di celebrazione si deve dunque parlare, preferiamo ricordare tutti coloro che spontaneamente, come gli Anarchici e gli Arditi del Popolo tra il 1919 e il 1921, decidendo di non delegare a nessun altro se non a se stessi anticiparono l’esigenza di combattere contro il fascismo. Intuendo la natura violenta e antipopolare del movimento dei fasci, risposero alle armi con le armi mentre i partiti cosiddetti operai rimanevano fermi a guardare, quando i loro militanti venivano massacrati, dispersi e imprigionati.

« …Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del Popolo, case sacre ai
lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando
continueranno la guerra fratricida gli Arditi d’Italia non potranno con loro
aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide
fascisti e Arditi.
» Argo Secondari



http://cenere.noblogs.org –
cenere@inventati.org

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La polizia stupra…La questura deporta!

tratto da http://noinonsiamocomplici.noblogs.org

Inizio agosto 2009: Joy, una ragazza nigeriana rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Corelli a Milano, subisce un tentativo di stupro da parte dell’ispettore capo di polizia Vittorio Adesso. La sua determinazione e quella della sua compagna di stanza, Hellen, riescono ad allontanare l’uomo.

Metà agosto: scoppia una rivolta nel Cie, a cui partecipano tutti i detenuti. Vengono arrestati nove uomini e cinque donne. Tra queste anche Joy ed Hellen, dopo essere state umiliate e picchiate dal solerte aguzzino e stupratore Adesso.

Dopo sei mesi di carcere e la deposizione della denuncia per tentato stupro da parte di Joy, tutte le ragazze vengono riunchiuse un’altra volta in Cie sparsi nel territorio italiano.

Il 16 marzo Joy viene trasferita dal Cie di Modena a quello di Ponte Galeria di Roma, insieme a molte altre donne nigeriane. In quei giorni un funzionario dell’ambasciata nigeriana entra più volte nel Cie per identificare donne e uomini senza documenti e autorizzarne, così, l’espulsione.

Tra loro anche Joy.

L’ ambasciata nigeriana, come altre, è complice delle deportazioni: dietro congruo corrispettivo economico autorizza l’espulsione di donne e uomini senza tener conto del loro passato e del pericolo di vita in cui incorrono sempre e comunque ritornando al loro paese d’origine.

Già da giorni giravano voci riguardo alle pressioni da parte della questura di Milano perché Joy venisse espulsa. Liberarsi di Joy significa anche liberarsi di quella fastidiosa denuncia che porterebbe alla luce tutte quelle nefandezze che ogni giorno avvengono – con l’avallo e la complicità di polizia, Croce Rossa e Misericordia – in questi moderni lager per immigrati chiamati Cie. Pur di proteggere Vittorio Adesso, i suoi colleghi sono disposti ad agire nelle maniere più vili.

Come il 25 novembre scorso quando, manganelli alla mano, hanno più volte caricato un presidio di donne che volantinavano alla stazione Cadorna di Milano per denunciare che i Cie sono luoghi di tortura per tutti i reclusi, e che se i reclusi sono donne tortura vuole anche dire abusi sessuali da parte dei guardiani.

O come quando, nella notte fra l’11 e il 12 febbraio, la questura ha deciso di far “sparire”, nottetempo, le cinque ragazze dalle carceri in cui erano rinchiuse, riportandole nei Cie e impedendo loro di incontrare i numerosi solidali che attendevano la loro scarcerazione.

La mattina del 18 marzo un volo charter organizzato dalla Direzione Centrale
dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere e co-finanziato dall’infame
Agenzia Europea per le Frontiere Esterne
Frontex, ha attuato una vera e propria deportazione di massa di nigeriani/e, rimpatriando a forza 51 cittadini/ e nigeriani/e: 25 espulsi/e dall’Italia, 10 dalla Germania, 6 dalla Grecia, 5 dall’Austria e 5 dalla Norvegia. Tra loro molte vittime di tratta, donne che, come Joy, hanno già subìto violenze su violenze e la cui vita è messa seriamente in pericolo dal ritorno in Nigeria.

Su quel volo ci sarebbe dovuta essere anche Joy, ma la sua espulsione è stata, per ora, bloccata grazie ad un mix tra fattori di tipo legale e mobilitazioni solidali.

Ma il pericolo di venire rimpatriata rimane, nonostante i rischi che Joy corre per la sua vita, essendo stata di nuovo minacciata telefonicamente dai suoi sfruttatori.

Come può la vita di una donna essere così appesa ad un filo? E cos’altro escogiteranno, ora, i colleghi di Vittorio Addesso per riuscire ad espellerla e ad insabbiare tutto?

La storia di Joy ci dimostra come gli apparati repressivi e di controllo dello stato esigano soprattutto che i ricatti sessuali che ogni donna e trans subisce dentro i Cie rimangano taciuti.

La forza che hanno dimostrato Hellen e Joy fa paura, perché è la forza che smaschera la verità di quello che accade dentro le mura di quei lager per migranti. Gli aguzzini che li controllano stanno facendo di tutto per impedire che questo precedente apra un varco o una breccia in quelle mura.

Che nessuno/a ci venga più a dire che in Italia ci sono leggi contro la violenza sessuale e lo stalking e che è necessario denunciare.

Chiunque ancora lo pensa, da oggi in poi si ricordi bene questo: LE FORZE DELLORDINE HANNO LICENZA DI STUPRARE, ANCHE GRAZIE ALLE COPERTURE DI CUI GODONO E GRAZIE A UN APPARATO ISTITUZIONALE CONNIVENTE.

I Cie sono luoghi di tortura fisica e psicologica per tutti i reclusi: le persone vengono picchiate, costrette a prendere psicofarmaci, private della loro libertà solo perché non provviste di un pezzo di carta chiamato permesso di soggiorno; in quei lager le donne subiscono continue battute sessiste e molestie fino ai veri e propri tentativi di stupro.

NESSUNA PACE PER CHI STUPRA E MOLESTA LE DONNE E CON CHI GESTISCE QUESTI CIE, TANTO PIÙ SE LO FA FORTE DELLA DIVISA CHE INDOSSA E DELLE
CONNIVENZE DI CUI GODE
!!!

E TU?
VUOI ESSERE ANCORA LORO COMPLICE CON IL TUO SILENZIO?


Quì la versione in pdf -> http://noinonsiamocomplici.noblogs.org/gallery/5927/volantino_17_marzo.pdf

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A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – Superpoteri e subumani

Superpoteri e subumani
A sei mesi dall’entrata in vigore del pacchetto sicurezza, le ordinanze creative, ovvero i poteri speciali attribuiti ai sindaci e ai prefetti da Roberto Maroni, volti a salvaguardare l’incolumità pubblica e offrire maggiore sicurezza ai cittadini, continuano a regolamentare sempre di più la vita di chi sfortunatamente vive in uno stivale già reso puzzolente da oltre 60 mila leggi (contro le circa 5.000 della Francia ad esempio).

Evidentemente queste non bastano a garantire la “legalità” in un paese “civile” e “democratico”, evidentemente non basta nemmeno la militarizzazione dei comuni che il ministro ritiene a rischio. Evidentemente l’immutabile carattere dello Stato spinge ancora una volta verso il controllo totale dell’individuo fino all’ artificiosa mutazione
dei suoi normali istinti, comportamenti e aspirazioni.

Anziché insorgere contro chi reprime con multe salatissime(da 50 a 600 euro) gli atti più naturali di un essere umano, in nome della sicurezza e del pubblico decoro, il cittadino modello cerca di nascondersi strisciando nella valle dei divieti e mimetizzandosi nell’uniformità dei comportamenti, facendo attenzione a camminare in fila e a non uscire fuori dalla riga.
Da quanto si evince dalle motivazioni che hanno spinto i sindaci
di tutta Italia ad avvalersi dei poteri speciali, oltre allo storico connubio economia-potere che da sempre ha corrotto anche anime più pure da destra a sinistra, appare chiaro che, per lo stato e i suoi podestà, camminare in fila sia una prerogativa rispettabile solo per gli italiani che tentano di condurre una vita dedita al produci-consuma-crepa tanto caro all’alta società capitalista contemporanea.
Infatti, le misure prese in ambito di ordine, pubblico decoro, degrado
urbano e abusivismo vanno a colpire tutti coloro che, resi precari in ogni aspetto della propria vita da leggi discriminatorie, sono costretti nella cosidetta illegalità, per tirar a campare. E’ così che una nuova linea di demarcazione tronca l’utopia democratica dividendo gli inclusi dagli emarginati, gli italiani dagli stranieri, i regolari dagli irregolari, i ricchi dai poveri, istituzionalizzando quello che era già evidente e cioè che non solo la legge non è uguale per tutti, ma che il più forte ha il dovere di schiacciare il più debole.
Ma questo non è ancora abbastanza, il controllo, per essere totale, deve essere capillare fino al paradosso e quindi, per garantire una sicurezza assoluta, quale modo migliore se non ridurre in cattività l’individuo: addomesticarlo, insegnargli a riportare il bastone, a fare i bisognini sul terriccio, ma anche a sedersi e a dare la zampa a comando. Da quanto deduciamo dallo studio di “Cittalia” della fondazione A.N.C.I., da Luglio scorso molto è cambiato. L’anno scorso la maggior parte dei divieti riguardava la prostituzione, l’abusivismo e la contraffazione, invece adesso riguardano soprattutto i giovani, le loro serate ad alto tasso alcolico e la voglia di tirar tardi in piazza più o meno rumorosamente, passando dalle scritte sui muri ai divieti di vendita alcolici agli under 16, finendo con il vandalismo.
Questo dimostra che, archiviato il “problema straniero” tra le sbarre, gli obiettivi da punire, manu militare, non sono solo prostitute e barboni, considerati alla stregua di oggetto d’arredamento urbano, ma anche i giovani. I ragazzi devono esser repressi anche nella loro esuberanza e nell’espansività che caratterizza l‘adolescenza altrimenti potrebbero diventare una minaccia al quieto vivere. Il discorso diviene grottesco e si stenta a crederci, ma le ordinanze disumanizzanti continuano a fioccare con i soliti pretesti rasentando le psicosi, ad esempio, intrattenersi in più di tre, in un parco a Novara, potrebbe costare una notte “da Aldrovandi”. Nella totale indifferenza perfettamente collocata nel clima asolidale del “reciproco sospetto” Pierciro Galeone, dei centri studi dell’Anci, ne teorizza l’attuazione commentando che “finalmente ci si è resi conto che esiste un collegamento tra degrado urbano e l’aumento della criminalità”…
È il nord guarda caso, roccaforte dell’ormai consolidata e omonima
Lega, a guidare la classifica delle emissioni delle ordinanze, circa il 44% delle totali ordinanze emesse. I sindaci leghisti: Miatello, Tosi, Candiani, Giordano e compagnia brutta, sguinzagliati e legittimati dall’entrata in vigore del pacchetto sicurezza, hanno sin da subito cercato di emanare le ordinanze più razziste e di impiantare sul territorio quel delirio che ha il nome di ronda, utile a farle rispettare nel più militaresco e fascista ordine, fortunatamente fino ad ora, con scarso successo.

La regola è sempre la stessa, la tattica è subdola e meschina, cosi come per le merci, anche per le leggi lo stato si avvale di ogni apparato mediatico in suo possesso per creare bisogni fittizi e giustificare l’estensione del controllo facendo sì che si crei diffidenza verso lo straniero, verso il diverso. Sta a tutti noi demistificare questa tendenza e ribellarci, perché è già troppo tardi; non solo una birra fuori orario può renderci fuori legge, ma ormai basta avere delle idee proprie per meritare l’annientamento.

PS. Alcuni eloquenti esempi di ordinanze emesse dai sindaci sono raccolte in una tabella dell’opuscolo “Istigazione a delinquere”.

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“Ormai è fatta!” di Horst Fantazzini

E’ sempre difficile parlare di un personaggio la cui esistenza, nel corso degli anni, è stata più volte discussa e approfondita, spesso non proprio in buona fede. Ormai è fatta, scritto da Horst Fantazzini e pubblicato dalla torinese Nautilus nel 2003 (anche se edito originariamente da Bertani nel 1976), racconta la vita di un uomo che, durante la sua intera vita, ha sempre visto la libertà come un obiettivo non rinviabile ad un futuro prossimo ma bensì come sempre a portata di mano. L’attenzione dei mass media la riceve fin dagli anni ’60, da lì Horst inizia a diventare spesso oggetto di dibattito sulle pagine dei giornali e così comincia la sua trasformazione in “personaggio” le cui azioni verranno di volta in volta rese clamorose. L’unica sua colpa? Aver capito, fin in giovanissima età, la necessità di essere liberi e di venir meno agli obblighi del sistema dominante, usando le pratiche dell’esproprio per non dover regalare la propria vita allo sfruttamento del lavoro. Le sue rapine, sempre mirate alla sua sussistenza e non al raggiungimento di mirabili lussi o eccessi da benestante, sono divenute il simbolo di quella riappropriazione di denaro che sarà una costante in quegli anni.

L’aver combattuto una costante guerra contro l’esistente e le sue istituzioni di dominio gli è costato decine di anni di reclusione, pur non avendo mai fatto del male a nessuno, eccetto durante la tentata evasione dal carcere di Fossano, evento di cui esiste anche una trasposizione cinematografica. Il libro abbraccia tutta l’esistenza di Horst, quando invece la stampa o le attenzioni riservatigli in genere dall’informazione si sono sempre concentrate solo su pochi dettagli per poi distorcerli, e ne traccia così il percorso umano che lo ha sempre visto in prima linea anche nella lotta dentro le carceri. Horst si racconta senza troppe velature, dandoci così l’occasione di rivivere atmosfere e contesti di un’Italia di qualche decennio fa, facendo pero’ i conti con un’estrema sofferenza, anche fisica, che ha caratterizzato gli ultimi anni della sua vita. Nelle appendici troviamo anche articoli di cronaca del tempo o diverse poesie scritte durante gli anni di detenzioni nelle svariate carceri che lo hanno visto prigioniero.
Personalmente la lettura di questo libro mi ha coinvolto davvero, forse per la grande umanità che è riversata in esso, senza mai però farmi provare pietismi o sfumature moraliste. Anzi, a dire il vero, ne ho tratto una grande lezione, quella di cui sono maestri coloro che, impugnando gli strumenti piu’ adatti, hanno dimostrato che la libertà è da ricercare nel presente, che essere liberi è possibile senza dover delegare niente agli altri ma, semmai, cooperare in maniera antiautoritaria.
Qualcuno disse una volta “e’ un crimine piu’ grande rapinare o fondare una banca?
La risposta che ha dato Horst Fantazzini mi sembra quella migliore.

.SCARICA IL LIBRO.

(Si tratta della prima versione del testo, quella edita da Bertani
Editore nel 1976, che e’ diversa da quella edita da Nautilus ed El Paso
del 2003 (qui recensita), poiche’ le mancano un paio di capitoli,
soprattutto testimonianze postume ai fatti, e le lettere di Horst).

.PER L’ACQUISTO.
Potrete sicuramente reperire il libro in qualsiasi infoshop, altrimenti e’
possibile ordinarlo online dal sito della Nautilus Edizioni e
da quello della El
Paso Edizioni
.
Prezzo: 8 euro.

.LINKS.
Home Page Horst Fantazzini: http://www.horstfantazzini.net/
Home Page Horst Fantazzini – Ormai E’ Fatta (Libro + Ebook): http://www.horstfantazzini.net/ormai_fatta_libro.htm

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