A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – Leggi contro l’umanità

Leggi contro l’umanità

L’istituzione del diritto, che sia penale o no, condiziona la vita di ogni essere umano sulla terra e spesso costringe questo a subire pene o sanzioni, termini cari al mondo giuridico. Dell’exploit repressivo sono vittime i molteplici soggetti che, decidendo di spezzare le dinamiche di oppressione e sfruttamento quotidiano, provano a porre fine ai miseri compromessi imposti dalla società e per questo vengono connotati come sovversivi o semplicemente pericolosi.

Oggi risulta lampante la volontà, da parte delle istituzioni, di relegare a condizioni di prigionia o di miseria le fasce più deboli della società, partendo da un ceto che una volta si vantava d’esser proletario, passando per i migranti alla ricerca di una vita degna di essere chiamata così e finendo con chi combatte una guerra mai ufficialmente dichiarata, una guerra per la libertà di tutti e di tutte. Tutti questi individui sono potenzialmente letali per la sopravvivenza dello Stato, rappresentano quella polvere nera che può dar vita a gigantesche esplosioni portatrici di cambiamento radicale.

E quale codice di leggi, se non uno di origine fascista come quello italiano, può meglio scandire i tempi e i modi della repressione? Ecco come il diritto, e nella fattispecie l’entrata in vigore del pluridiscusso Pacchetto Sicurezza, non tarda ad aggravare le condizioni di vita, già precarie, dei soggetti che non usufruiscono del benessere garantito dal Capitale a tutti gli sfruttatori d’ogni risma.
Dichiarare false generalità ( art. 495 e derivati ), proprie o di altri, non per capriccio ma per tentare di evitare una lunga prigionia o di fatto un esilio, diventa un reato che può costare da due a sei anni. Non di meno è punito un gesto, estremo a dir poco, come quello di menomarsi ( bruciarsi le dita per cancellare le impronte digitali ) pur di risultare invisibile agli occhi della repressione. Basterebbe questo per evidenziare come il diritto sia lungi dall’essere uno strumento a favore di tutti ma, bensì, arma a disposizione dello Stato per estendere la proprio autorità su chiunque risulti non adatto alla sopravvivenza dello Stato stesso.

Il controllo sociale è in continuo crescendo, non risulta quindi tollerabile che dei clandestini, la cui colpa è non possedere dei documenti che riconoscano il loro status di esseri umani ( anche se averli non è poi minimamente sinonimo di libertà, tutt’altro. ), possano sfuggire alla meta ( c’è chi la definisce piacevole soggiorno ) designata dalle istituzioni : lager per stranieri, galere e odierni manicomi.

Si è parlato di autorità, tratto saliente dell’istituzione statale, aspetto che ovviamente non è stato tralasciato dalle recenti disposizioni in materia di sicurezza. I cani da guardia che mordono le caviglie degli sfruttati, per risultare effettivamente autorevoli ( ma diciamo anche autoritari ) devono poter godere di status privilegiati, agevolazioni che li elevino a posizioni di intoccabili, facendoli sembrare invincibili. Non stupisce quindi il ritorno dell’art. 341, articolo che spesso ha macchiato, prima dell’abrogazione nel 1999, la fedina penale di chiunque si sia permesso di rivolgere il proprio dissenso, in maniera orale o scritta, agli aguzzini delle forze dell’ordine.
Spesso le aggravanti hanno un ruolo molto chiarificatore del reato stesso e, in questo caso, l’aggravante consiste nel recare offesa al pubblico ufficiale dinnanzi a una o più persone. Ancora una volta il diritto si erge a protettore onnipotente della salvaguardia dell’esistente, risulta quindi lecito essere puniti per aver osato pronunciare o metter per iscritto un insulto ma è cosa più grave far lo stesso in presenza d’altri! La paura ancestrale che attanaglia lo Stato è quella della generalizzazione del dissenso, della polverizzazione degli attacchi verso i propri emblemi. Così, un oltraggio in presenza di altre persone potrebbe diventare una miccia ben più pericolosa di un insulto, potrebbe scatenare altrettanti oltraggi o reazioni ben più pesanti, sminuendo così sotto gli occhi di tutti lo status privilegiato dei tutori dell’ordine.

Vivere a Catania ci ha permesso di assistere, e prendere parte, ad un evento che, in seguito, si scoprirà essere stato sufficiente a far notificare denunce per presunti oltraggi. Di cosa parlo? Parlo di compagni/e che, stufi del controllo capillare dei funzionari digos, e non solo alle iniziative di piazza, decidono di esprimere il proprio rifiuto verso questi aguzzini, deridendoli sotto gli occhi di tutti. Ancora una volta si configura la dinamica scatenante di questo preciso reato : il potenziale contagio del dissenso, provocato non da uno sterile insulto ma da una netta consapevolezza nell’individuare i difensori più fedeli delle istituzioni repressive.

Guai se l’oltraggio si tramuta addirittura in vilipendio, come nel caso degli insulti riservati dai compagni di Rovereto agli alpini durante una loro parata a Trento. Chiamare questi mercenari con i loro nomi, ovvero assassini e guerrafondai, scuote la quiete pubblica e spezza le tradizionali dinamiche di deferenza verso le forze dell’ordine, esportatrici di morte in tutto il mondo come nel caso dei nostrani alpini. Stavolta il pm di Trento ha decretato che l’atto di contestazione in questione fu solo un atto di dissenso, tutelato dalla costituzione tramite l’art.21, e quindi non passibile di reati quali oltraggio o vilipendio. Che forse, in un lampo di lungimiranza, si sia capito che dire assassino a chi lo fa di professione è solo un atto razionale e generato da precise convinzioni? Come sarebbe dire a un panettiere che fa il pane?


Si faccia bene attenzione, questa non è una vittoria anche perché, di vittorie come queste, non abbiamo proprio che farcene. E soprattutto è ovvio che i compagni non hanno bisogno di assoluzioni per colpe inesistenti o rassicurazioni da parte di un diritto che ci è solo nemico, questo è chiaro come il sole.

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A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – Leoni da tastiera

Leoni da tastiera
L’emendamento D’Alia al pacchetto sicurezza è stato abrogato in commissione ad aprile, ma il nuovo decreto Romani si sta facendo strada tra la burocrazia parlamentare. Ancora niente di certo dato il terreno accidentato in cui ci si muove entrando nel campo della regolamentazione d’internet. Non certo uno spazio stretto causato dalle pressioni del popolo del web, pronto a combattere la censura solo in modo parziale e virtuale e non così strenuamente da spaventare il governo. Piuttosto su internet si giocano scenari politici internazionali più complessi, in cui si sfidano super potenze come USA e Cina, inoltre è un argomento con cui spesso si fa pressione su altre nazioni (es. Iran). Insomma un pò troppo anche per il laboratorio repressivo italiano dove certo non si nasconde la voglia di controllare in modo più rigido la rete. Decisivo sembrava il colpo di statuetta (forse) ricevuto dal premier in dicembre e i suoi conseguenti commenti via web, pretesto perfetto per un nuovo avvitamento repressivo. Ma gli autoproclamatisi padroni della nostra vita, sono costretti a fare marcia indietro accontentandosi delle più disparate proposte, per tentare di erodere a piccoli pezzi la relativa immunità che gode internet. Ma per le più accorte e fini menti repressive il virtuale caos d’internet sa essere anche un prezioso alleato che permette un controllo al di sopra delle stesse leggi.
[…] il livello di istruzione della popolazione sta in effetti peggiorando. Ciò che le masse pensano o non pensano incontra la massima indifferenza. A loro puo essere garantita la libertà intellettuale proprio perchè non hanno intelletto.
Uno dei principi che muovono il mondo orwelliano non è poi distante dai principi che sembrano muovere la democrazia reale, che di delega, ignoranza e rassegnazione ha fatto il suo pane quotidiano e come tale, governa anche su una rete che mai, in realtà, ha creato seri problemi al sistema costituito ma che anzi ha molto spesso fornito una finestra sui reali trend sociali. Un luogo dove monitorare, proprio per la sua paventata libertà, i comportamenti anche più nascosti di una popolazione sempre più pronta a condividere anche l’intimità delle sue feci, per mettersi in mostra, nel vuoto pneumatico del palcoscenico informatico.
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A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – Insabbiati

Insabbiati

Dopo l’accordo di marzo 2009 siglato dal dittatore libico Gheddafi con il suo omologo italiano si è intensificata la cosidetta “prevenzione” delle partenze dalla costa africana verso la Sicilia, mentre fino ad agosto sono numerosi i respingimenti in alto mare attuati dalla guardia costiera e la GdF. Il governo tira un sospiro di sollievo, i CIE di Elmas e Cassibile sono inattivi come quello di Lampedusa, ricostruito e non più utilizzato e quello di Pian del Lago bruciato in Novembre e chiuso definitivamente. Meno bagnarole pullulanti di stranieri galleggiano nelle acque territoriali italiane Il sindaco di Lampedusa costretto dai suoi elettori a collutazioni verbali e minacciose con premier e vicesindaco leghista Maraventano circa un anno fa, può finalmente riconciliarsi con i suoi padroni scrivendo lettere di scuse. L’economia basata sul turismo, veniva evidentemente danneggiata dall’enorme afflusso di migranti che aveva trasformato Lampedusa in un isola-prigione, ma adesso grazie all’operato dell’esecutivo è tutto risolto.

L’estate 2009 ha registrato solo 1.833 arrivi rispetto ai 18.761 dello stesso periodo 2008, una grande vittoria per l’Italia tutta intera, che puo finalmente spazzare le vite dei clandestini sotto un tappeto, mostrando così la casa pulita. Finalmente la porta d’ingresso ufficiale del paese, quella visibile a tutti, si svuota. I fastidiosi e inopportuni ospiti che l’affollavano sembrano spariti, infatti con le attuali tecnologie non è possibile non rilevarli in mare, mentre invece diviene un buon nascondiglio per i morti che inghiottiti dalle acque son difficili da vedere, nel solo canale di Sicilia fino ad agosto sono 415 quelli accertati. Quindi impiccioni, voyeur e critici possono acquietarsi mentre tutto torna nel sordido del sommerso, nell’indifferenza del lontano.
Poco importa se in realtà dalla porta principale entrano solo
meno del 10% dei clandestini che arrivano in Italia (inoltre quelli respinti e sott’acqua sarebbero per lo più richiedenti asilo, dato che il 70% delle 31mila e 200 domande d’asilo presentate nel 2008 riguardano extracomunitari comunque sbarcati in Sicilia).

Ma sopratutto lontano dagli occhi lontano dal cuore, non sono quantificabili ma si suppongono siano migliaia i morti che l’accordo Roma-Tripoli sta provocando nel deserto che divide la Libia dal Niger, strada obbligata per gli immigrati africani che vengono rimandati oltre confine o che scappano dai lager approntati dal dittatore nordafricano con l’aiuto della protezione civile italiana. Morti di serie B, che difficilmente avranno un nome, un volto, una dignità ma non c’è da preoccuparsi hanno la pelle scura, non sono mica italiani, sono selvaggi che importa poi, se è proprio il nostro civilissimo Stato a condannarli a morte, se arrivassero a destinazione potrebbero rubarci il lavoro.
Questa situazione rende palese l’inconsistenza, l’ipocrisia e smaschera la vera natura del sistema internazionale, pronto a scatenare guerre per portare la cosiddetta democrazia tanto quanto è pronto a dimenticarsi dei violenti regimi totalitari con con cui invece si possono fare lucrosi affari.

Maroni si vanta di aver “realizzato l’azione più efficace di contrasto all’immigrazione clandestina fra quelle fatte dai governi europei” seconda solo alla soluzione finale di Goring, infatti il ministro dell’interno sogna di poter eguagliare il suo omologo Himmler in eroiche gesta.

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A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – Consigli per gli acquisti

Consigli per gli acquisti.
«I risultati sui nostri contrasti all'immigrazione clandestina sono molto 
positivi... riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze 
che vanno a ingrossare le schiere dei criminali».
S. Berlusconi, presidente del consiglio

Potremmo sbracciarci per fornirvi i dati che smentiscono la
sciocca equazione posta qui sopra, ma lasciamo questo compito
affannoso a chi ha pochi argomenti da controbattere che non
siano cifre, sondaggi, statistiche e quantaltro. E’ facile
giudicare, etichettare e bollare, sopratutto poi se a farlo
sono tutti quelli che le leggi le creano a proprio uso e consumo per se
stessi, per le lobby economiche, o per la proprie cricche.
Molto bene e da molto tempo i nostri governanti hanno compreso come
modellare la realtà. Il primo passo è fingere di essere umili servitori del
popolo, accondiscendenti ad ogni sua richiesta, poi poco importa se la
richiesta sia assennata o meno, nel consenso l’importante è la quantità,
mica la qualità. In realtà la inscindibile commistione tra potere economico
e politico rende l’individuo facilmente condizionabile e ricattabile,
sottoposto ad un quotidiano controllo della realtà che passando da ogni
istituzione a ogni impresa privata ci induce a trovar nella più spregevole
menzogna, una verità assoluta. D’altronde questa è la classe dirigente
vittoriosamente uscita dalla strategia della tensione che sin dall’inizio
aveva un progetto politico chiaro e moderno (piano rinascita?), a tratti
futurista, ed una organizzazione ducistica e gerarchicamente “Eletta”
chiamata P2 propaganda due o forse pensiero due oppure bipensiero, che dir
si voglia.
"Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente
controlla il passato"  è grazie a questo insegnamento che il revisionismo
dei potenti trova una sua dignità e uno scopo ben preciso, che gli permette
di “aggiornare” la storia modellandola a proprio piacimento. Indi per cui
se un capo di stato, che deve essere da esempio per tutta la sua comunità,
per la sobrietà, la serietà e la pacata diplomazia afferma che: meno
immigrati vuol dire meno criminalità, per il pubblico di telecittadini non
sta facendo apologia chiamando al linciaggio contro il “nemico della
nazione”, ma sembra piuttosto che stia tutelando il suo consenso, seguendo
le indicazioni che la popolazione gli ha dato quando tentava di gambizzare
lavoratori stranieri in un paesino calabrese.
In questo come in altro non esistono divergenze all’interno della
compagine che ci conduce dall’alto del Parlamento, ma sfumature derivanti
da diverse indagini di mercato che segnalano l’aquirente (una volta veniva
chiamato referente?) e la sua particolare domanda. Così intesa la domanda
puo essere sempre orientata, infatti per questo, esistono i consigli per
gli acquisti su cui si spende più che per ogni altra cosa, e se il
palcoscenico degli “spot pubblicitari” diviene poi l’insieme dei rapporti
sociali determinate dai contratti lavorativi, dalla formazione, dai mezzi
di comunicazione ecc.ecc.il cerchio si chiude. La realtà è in vendita, non
è quella che vogliam determinare ma quella che senza sforzo ci si chiede di
scegliere, e che puntualmente sosteniamo facendoci scudo dell’indifferenza.
Come un uomo sul patibolo che dopo suggerimento del boia, si convince ad
invocare la pesante lama sul collo, incurante, del fatto che di netto gli
mozzerà la testa dal tronco, noi continuiamo a comprare il cibo che ci
avvelenerà, l’aria che ci intossicherà, i concetti che ci uccideranno senza
opporre nemmeno la resistenza che l’istinto di sopravvivenza richiede. In
preda a istinti primordiali e all’ebbrezza di lasciarsi condurre, ci
dirigiamo in fondo al burrone, l’importante è che sia in modo comodo, in
fila per due, confortati dall’illusione di essere privi di alcuna
responsabilità.
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“Evasioni e Rivolte” di Emilio Quadrelli

Ecco la recensione di “Evasioni e Rivolte” di Emilio Quadrelli, pubblicata tempo fa su http://punk4free.org/archivio-argomenti/14-libri/1072-emilio-quadrelli-evasioni-e-rivolte.html

copertina

Assistiamo, giorno dopo giorno, a proteste dentro i centri di detenzione per migranti e lotte in solidarietà ai reclusi da parte di numerosi compagni in diverse parti d’Italia.
Ecco un testo che, data la scarsità di letteratura a riguardo, può suggerirci numerose riflessioni e chiarire dei punti complessi ma fondamentali per capire come si trasforma l’assetto globale nei confronti di ognuno di noi.

Evasioni E Rivolte, edito dalla Agenzia X si snoda lungo due direttive: la prima, colma di disperazione, è la storia di migranti e clandestini, degli schiavi dell’odierna società globalizzata, necessari per tenere in piedi il nostro tenore di vita; la seconda direttiva, nello specifico, prende la forma del filo spinato ed è il filo del potere o, meglio, dei poteri, da quelli dello Stato che fa della clandestinità una discriminante a quelli delle polizie che si accaniscono sugli immigrati, per arrivare a moderne figure quali i nuovi schiavisti e i contractors, odierni mercenari al soldo di
agenzie private.
Questo è ciò che ci racconta Evasioni E Rivolte, di Emilio Quadrelli, gia’ autore insieme ad Alessandro Dal Lago di La citta’ e le ombre. Crimini, criminali, cittadini edito dalla Feltrinelli e di Andare ai resti. Banditi, rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta edito da DeriveApprodi.

Il testo di Quadrelli si focalizza su tutte quelle dinamiche e quelle situazioni che si vengono a creare dopo il tradizionale viaggio di fortuna: la reclusione nei cpt, la difficoltà del vivere quotidiano e un’intensa voglia di libertà, spesso negata ma mai riconsegnata senza lottare. Il libro si compone di sei capitoli, ognuno ci presenta una storia diversa.

Veniamo subito a conoscenza, nel primo capitolo, della storia di un rom, il quale spiega le caratteristiche fondamentali di un campo nomadi e la relativa gerarchia con le relative posizioni di potere tenute dagli anziani.  Lui, come tanti altri, parla dei cpt e fortunatamente della fuga da quest’ultimo, continuando poi a raccontare del suo rocambolesco cambio di vita, libero dalle costrizioni della sua gente.
La seconda ha per protagonista un giovane sudamericano, trasferitosi al nord Italia, che aiuta il fratello finito in un cpt
ad evadere, raccontandoci il rapporto assai ambiguo tra comunità nazionali e istituzioni; questo paragrafo risulta molto interessante soprattutto per tutti quei lettori che, a parole, dicono di sostenere la causa dei migranti e poi, nei fatti, ricorrono a pratiche pacate e sempre nei confini della legge, tutti termini che cozzano con la fortissima voglia di evasione da parte dei reclusi, sentimento condivisibile solo da chi i cpt li vorrebbe vedere fumanti o rasi al suolo.
La terza vicenda è di un africano, militante nel suo paese in un gruppo politico armato in lotta contro governo fantoccio manovrato da poteri occidentali, che dapprima si rifugia Francia per poi arrivare in Italia come clandestino e di conseguenza costretto a lavorare sotto ricatto: la ribellione dei lavoratori come lui gli vale la reclusione in un cpt, analizzando i rapporti esistenti tra mercato, politica e gestione della sicurezza.
Ancora una storia d’evasione e di superamento del limite tra due concetti ben vivi nella società di oggi, legalità e illegalità.
La quarta vita che si racconta è quella di un ragazzo arabo, affascinato dallo stereotipo di benessere europeo, che arriva in Italia per essere subito sfruttato e tenuto sotto ricatto da suoi connazionali, per lavorare tessuti, in condizioni di schiavitù, destinati ai grandi marchi commerciali.
Anche lui, rinchiuso in un cpt, inizia a organizzare l’evasione.  Il copione è simile a tanti altri ma, all’interno del centro il ragazzo conosce un fedayin, che lo riavvicina all’Islam e alla necessità della piccola jihad, donandogli un senso di comunità e motivazioni politiche per combattere.
L’ultima storia e’ quella di una ragazza albanese, ingannata dalle solite false promesse riguardanti le presunte condizioni di vita paradisiache in Europa e sequestrata per mano dei suoi aguzzini, costretta a lavorare nelle fabbriche occidentali in Albania e poi chiusa in un bordello riservato ai militari.
Evade grazie a un’azione da commando organizzata dal fratello al quale poi si unirà e’ l’unico modo per garantirsi un’esistenza che non sia fatta di stupri, violenze e ripetute violazioni della propria dignità.
Il sesto capitolo ci fornisce la chiave di lettura per analizzare tutte le storie, snocciolando le vere dinamiche legate ai fenomeni di immigrazione e del conflitto globale.
Ci sono allora le testimonianze di militari italiani in missione in Medio Oriente e di contractors che hanno lavorato sia in aree di guerra che in Italia, come vigilanza dei lavoratori nei cantieri, per esempio.
Le ultime battute riescono ad esemplificare con efficacia la presunta pericolosità dell’altro, un nemico che deve essere affrontato da eserciti statali e non, per preservare la facciata della società dal suo arrivo.
Questo e’ quanto emerge dalle ultime pagine, ovvero tasselli di un mosaico globale che mostra, sempre più di frequente, connotazione fortemente autoritarie finalizzate al controllo sociale globale e alla gestione della libertà di ognuno di noi.
Il taglio letterario adottato dall’autore, ovvero libero sfogo alle storie dei protagonisti, riesce a coinvolgere il lettore e a tenerlo sempre in costante apprensione per le vicende narrate.
Non vi sono verità mediate o distorte, ogni storia è schietta e non usa giri di parole per descrivere la difficolta’ del quotidiano e la tensione fortissima verso la libertà.
Consiglio questo libro a chi vuole avvicinarsi alle tematiche di immigrazione e di dinamiche sociali legate a questo tema e, allo stesso tempo, spingere oltre lo sguardo e vedere le verita’ che ogni giorni vengono celate o plasmate ad hoc dai poteri forti.

.PER IL DOWNLOAD.

http://punk4free.org/downloads.html?func=fileinfo&id=532 -> Download del libro

.PER L’ACQUISTO.
Potete acquistare
il libro
su IBS
a 15,00 euro.

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Casa Editrice: http://www.agenziax.it/

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Occupa e Resisti!

La mattina di domenica 13/12/09, intorno alle ore nove, è comparso uno striscione con su scritto Occupa e Resisti, lungo 45 metri, sulla cupola della chiesa di San Nicola in solidarietà agli spazi occupati sotto sgombero. I compagni, scesi dall’impalcatura, hanno trovato ad aspettarli poliziotti e digos,prontamente sono stati identificati e rilasciati poco dopo sul posto.

Di seguito il comunicato diffuso :


Un invito per chi c’è, una proposta per chi vuole esserci, un progetto per chi ci sarà…

Scopo principale è riaffermare il valore delle occupazioni. Che sono non solo centri di aggregazione e socialità, laboratori e servizi, ma luoghi dove s’impara ad esercitare il pensiero critico, luoghi di confronto liberi da ammorbanti presenze istituzionali, spazi dove il conflitto contro l’intero sistema vigente prende corpo e creatività.

Lontani da compromessi, tesi ad annullare la carica rivoluzionaria insita nell’autogestione, che in quanto tale non chiede e cerca legittimazioni, ma che si afferma nella realizzazione senza deleghe dei propri desideri, alla riconquista del timone della propria vita.

Lontani da concertazioni che vogliono pacificare e ridurre nell’alveo dell’innocuità, non resta altro che rispondere con l’azione tesa a salvaguardare la diversità. Non c’interessano quindi ne riconoscimenti, ne finanziamenti per le nostre attività, come ad alcuni sedicenti “nazional-rivoluzionari”, crediamo che uno spazio occupato nell’odierno sistema, sia uno spazio liberato nel mondo che ci accingiamo a costruire, utilizzando pratiche e valori diversi da quelli vigenti in ogni ambito. Le comunità giovanili e cose simili, parchi giochi per allevare una nuova generazione di servi dei partiti, sono una provocazione e un invito alla sottoscrizione entro una “mostruosa” legalità.

È in nome della legalità che chi valica un confine finisce in un campo di concentramento.

È con la scusa della legalità che si muore in carcere come Stefano Cucchi.

È grazie alla legalità che sorgono impianti nocivi e inquinanti sotto casa.

E, benedetti dalla legalità, avvengono guerre e massacri.

LEGALITA’ NON E’ GIUSTIZIA, ma una comoda copertura con cui la nostra classe dirigente perpetua il suo potere, mentre ci tiene sottomessi e dipendenti dal suo volere.

Lo stato non regala niente ai suoi detrattori se non repressione e galera, sta a noi prenderci gli spazi che ci spettano.

Solidarietà al Velena squat (TO), all’Assillo Occupato (TN), al CPO Experia (CT), al Ca’ Neira (TO), all’Ostile (TO).

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A 6 mesi dal varo del pacchetto sicurezza – I have a nightmare

I Have a Nightmare.

Per quanto riguarda il reato di clandestinità, primo reato che trasforma la discriminazione in norma, perfetto esempio di leggge razziale che colpisce la persona per cio che è e non per quello che fa; la lentezza della giustizia (che in genere fa passare un anno dalla denuncia per clandestinità al processo) ha contribuito alla sua scarsa applicazione. Ma ancor più determinante in tal senso crediamo sia l’emergenza carceri: di fronte ad un sovraffollamento di detenuti, ulteriori afflussi sono intollerabili per le strutture e per gli addetti alla sorveglianza.

I clandestini invece sopportano bene queste condizioni, Ionta (capo del DAP) infatti fa notare che se non costasse l’imballaggio potrebbero essere rinchiusi in scatolette rotonde d’alluminio, meglio sott’olio per essere conservati per le stagioni della raccolta nelle campagne.

Quindi il reato di clandestinità non si presenta una priorità delle forze di polizia che probabilmente seguono per adesso qualche direttiva che ne impone una morbida attuazione. Diversa storia per l’ aggravante di clandestinità di fronte ad un ulteriore reato, che i solerti giudici in rispetto delle regole non evitano mai di comminare. In realtà non eviterebbero il reato in se stesso ma lo mettono in secondo piano perchè, a dir loro: “per la clandestinità non ci sono persone offese” (eccetto forse il migrante) e sopratutto che: “organizzare i viaggi di rimpatrio è costoso e complicato: la questura non dà l’ok”.

La Marcegaglia (presidente Confindustria) prospetta in caso di grande utilizzo dell’umano rimpatrio l’utilizzo nelle fabbriche del nord di anziani moribondi e nei campi del sud di bambini iperattivi denutriti, i sindacati rilancierebbero accettando un nuovo contratto interinale con salario a peso.

Probabilmente una volta messo in pratica il nuovo piano carceri ci sarà più spazio per tentare di collocare il milione di irregolari che percorrono il nostro paese ma se non bastasse, la hitleriana soluzione finale balena in mente alla Lega già da tempo: economicamente più vantaggiosa, magari associata ad un piano d’incentivazione industriale per le fabbriche di sapone padane.

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Chiudiamo i CIE adesso!!!

La prima schiavitù, è la frontiera.
Chi dice frontiera, dice fasciatura, cancellate la frontiera,
levate il doganiere, togliete il soldato.
In altre parole siate liberi; la pace seguirà.

Victor Hugo

I

I CIE ovvero Centri d’Identificazione ed Espulsione sono strutture
che presentano: stanze con porte blindate, celle d’isolamento, blocchi, sezioni, cancelli, grate, recinzioni con filo spinato, videosorveglianza ecc…
Presentano effettivamente tutti gli aspetti strutturali di un carcere ma lo stato li definisce “SERVIZI”.

Nei CIE finiscono i cittadini stranieri sprovvisti di regolare permesso di soggiorno. Qui, essi sono privati della libertà personale, senza poter valere del fondamentale diritto alla difesa legale e senza poter ricevere visite. Ad aggiudicarsi la gestione e la responsabilità del mantenimento dei migranti sono organizzazioni “umanitarie” o “assistenziali” pagate profumatamente dallo Stato, mentre la vigilanza è affidata alle forze dell’ordine e addirittura all’esercito. I migranti sono rinchiusi e sorvegliati proprio come detenuti ma il governo ama chiamarli “OSPITI”.

Nei CIE viene spesso servito cibo scaduto, avariato, immangiabile, insaporito da blatte o vermi e condito da tranquillanti. Numerosi sono i casi di igiene precaria e/o inesistente, letti dalle luride lenzuola di carta e bagni fatiscenti o inutilizzabili. Queste e mille altre condizioni di detenzione dura sono solo un’aggravante rispetto al motivo della privazione della libertà, cioè: aver oltrepassato un confine di aria e luce senza avere il pezzo di carta giusto per mantenere integra la propria dignità umana. Per lo Stato, questi migranti hanno compiuto il reato di essere nati in un altro paese e vengono spregiativamente nominati “CLANDESTINI”.

Nei CIE, come in tutte le carceri, sono numerosi gli episodi di violenza nei confronti dei detenuti e delle detenute da parte degli operatori civili e delle forze di polizia. Nei CIE, come in tutte le prigioni, è consuetudine il più totale disinteresse verso le patologie ed i malori dei prigionieri. Nei CIE, come nelle peggiori carceri, si possono subire torture e abusi sessuali e, come capita sempre più spesso, si può anche morire in circostanze che per le autorità rimangono “inspiegate”. Nei CIE, a causa della profonda disperazione, data dalla condizione di sequestro a cui sono sottoposti i migranti, avvengono sempre più frequentemente atti di autolesionismo, rivolte, ribellioni e tentativi di evasione ma purtroppo anche di suicidio. A tutti questi atti la polizia e i militari, aguzzini in divisa degli odierni lager, rispondono con la proverbiale pratica, ben collaudata, dell’intimidazione e del pestaggio.

Nell’assoluto silenzio dell’intero apparato dello Stato; nessun magistrato, politico o giornalista (tranne che per deplorare qualche fuga o atto eclatante) solleva la gravissima questione:

I CIE NON SONO SERVIZI MA LAGER e I MIGRANTI NON SONO OSPITI MA PRIGIONIERI.

L’indignazione che sorge per uno stupro, per un efferato omicidio, o per vergognosi atti di pedofilia offusca la vista e le menti delle persone, relegandole ad un ruolo passivo e accondiscendente rispetto a questo nuovo imbarbarimento nazista della violenza insita nell’istituzione statale.

Non ci rassegneremo al fatto che in questa società qualche vetrina rotta, una scritta su un muro o qualsiasi atto di dissenso vengono visti dalla maggioranza come atti spregevoli, mentre un’assoluta coltre di silenzio circonda dei campi di concentramento.

Non ci rassegneremo al fatto che tutto questo può compiersi accanto a noi probabilmente perché i cittadini italiani con fare razzista si sentono al sicuro da un’epurazione che colpisce solo gli stranieri.

SPEZZIAMO L’ INDIFFERENZA CON LA SOLIDARIETA’

TRASFORMIAMO LA GUERRA TRA POVERI IN GUERRA AL POTERE.

CHIUDIAMO I CIE ADESSO!!!!

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INTRO

Non saranno certo quattro parole buttate giu nel fiume in piena d’internet a bloccare il pacchetto sicurezza e non sarà nemmeno con un analisi azzeccata degli avvenimenti, che disarmeremo la repressione e denuderemo il re. Contrastare la dittatura democratica è possibile con azioni che lontano dalla gabbia dorata del web colpiscano il nemico nelle strade, dove ha punti deboli e sensibili. Nonostante tutto non va sottovalutato qualsiasi apporto che potrebbe risultare utile a trovare la strada giusta e a tastare il tallone d’achille del gigante che affrontiamo. L’informazione e la comunicazione autogestite hanno ancora un ruolo importante per discernere il reale tra la marea di cazzate, calunnie, carognate e comode menzogne che affastellate l’una sull’altra, tra tv, stampa e internet creano una realtà fittizia. Tutto ciò che è falso attraverso canali di comunicazione adeguati diventa verità e viceversa, costretti al ruolo sociale di pubblico, a noi, sta solo il dovere di assistere al processo di creazione della realtà e contribuire col nostro consenso a renderla valida. “Tutto sta per diventare evanescente e proprio per questo molto più solido e meno direttamente percepibile nella sua rappresentazione” , non abbisognamo nemmeno d’ imposizioni tramite violente coercizioni ma nonostante tutto, in questo, avvertiamo un legame tra il concetto d’informazione contemporanea e quello di repressione. “Le costrizioni sono diventate meno occulte e più grossolane, meno efficaci, più numerose. La docilità non emana più da una magia clericale, ma risulta da una folla di piccole ipnosi: informazione, cultura, urbanismo, pubblicità, suggestioni condizionanti al servizio di ogni ordine stabilito e a venire”. Neanche su questo ci illudiamo di poter cambiare il corso degli eventi, ma almeno possiam provare a risalire la corrente, come salmoni, per riprodurre il nostro esistente e restare attaccati a quella realtà che senza la nostra testimonianza semplicemente cesserebbe di esistere. Proprio per questo, abbiam scelto di dar spazio ad alcuni interessi, in modo da far una selezione di notizie che riteniamo utili allo scopo, tentando dove ci è possibile di commentarle e inquadrarle nel contesto.
Diffiamo e sopratutto disprezziamo la politica con la P maiuscola, ma non dobbiamo per questo cadere nel tranello d’ignorarla, anche perchè lei di certo non ignorerà noi, anzi con il suo fare invasivo stuprerà i nostri cervelli e i nostri corpi fino a violarci l’anima, scovando ogni nostro più intimo desiderio.
Qualcuno ha detto che viviamo in tempi bui, in tempi di guerra; ed è proprio in momenti del genere che ci conviene avere i nervi saldi, i muscoli tesi, i cinque sensi recettivi, pronti a percepire ogni minimo segnale e a scattare di conseguenza. Sono momenti particolari della storia in cui dobbiamo anche annusare il vento per eludere un accerchiamento, e imparare a leggere i segni sul terreno per sfuggire ad un imboscata. Questo è quello che tenteremo di fare, secondo le nostre possibilità, sperando di avvelerci di qualsiasi commento e collaborazione utili ad un confronto costruttivo che ha come obiettivo la distruzione della società come oggi è concepita.

 

 


Scrivete quindi a: cenere@inventati.org

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Inchiostro a perdere

Se inchiostro a perdere deve essere, che almeno lo sia per qualcosa che ci piace davvero. Potrebbe essere un libro che ci ha risvegliati
dal torpore quotidiano, un film che, per qualche ora, ci ha sottratti alla realtà circostante o semplicemente la rabbia verso l’esistente che prende forma in parole e musica.

Quì, senza cadenze precise, spenderemo un po’ di inchiostro per tutte queste cose, o altre ancora che al momento neanche immaginiamo.
L’invito è rivolto a tutti, come sempre, e quindi è possibile inviarci i vostri contenuti alla mail : cenere@inventati.org

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